Leo Gullotta e Sergio Mascherpa sono i mattatori di questa edizione del “Pensaci Giacomino” di Pirandello, andato in scena al teatro “Le Muse” di Flero.
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FLERO (Brescia): successo del “Pensaci Giacomino”, con Leo Gullotta e Sergio Mascherpa
“Pensaci Giacomino” non è certo uno spettacolo di intrattenimento, ma un testo che provoca sul piano della critica sociale e, graffiando, costringe a riflettere sull’ipocrisia delle consuetudini e delle convenienze della società perbenista, che bada più alle esteriorità ed all’apparire, piuttosto che alla sostanza del saper essere.
La vicenda è arcinota: l’anziano professor Toti, scapolo da una vita, decide di sposare una giovane donna per lasciargli la reversibilità della sua pensione che diversamente andrebbe persa. Egli ci tiene a sottolineare che la giovane sarà solo giuridicamente sua moglie, ma per lui sarà solo una figlia, libera di vivere la sua vita affettiva. E guarda caso la prescelta si era già portata avanti in tal senso: infatti è già incinta quando si sposa. E lo spasimante è un certo Giacomino, senz’arte né parte. Il buon Toti adotta anche lui insieme alla creatura che presto nascerà. Ma dopo un certo periodo di vita “a quattro” Giacomino, istigato dalle critiche feroci dell’opinione pubblica che grida al pubblico scandalo, decide di non frequentare più la casa del prof. Toti, abbandonando il suo figlioletto e la giovane madre che se ne dispera amaramente. E a questo punto il professore tira fuori le unghia e con le armi del ricatto rimette le cose a posto, come lui aveva divisato e predisposto.
L’infaticabile Leo Gullotta da vita ad un professor Toti non vecchio e decrepito ma rivisitato in senso quasi “giovanilistico”: egli è dinamico quanto basta, decisionista, ironico ed affronta la vita con filosofico disincanto che tenta di trasmettere ai suoi concittadini della “cittaduzza di provincia” dove vive.
A tanta libertà di pensiero e di costume si oppone la rigida e stereotipata mentalità dominante. rappresentata da un eminente esponente del clero locale, monsignor Landolina, impersonato magistralmente da Sergio Mascherpa, che riesce a conferire al personaggio una più che palpabile dose di ipocrisia prelatizia, fatta di frasi ridondanti e di una mimica straordinariamente efficace, che vuol significare senza il dire. Tra i due avviene un colloquio effervescente che ricorda molto il manzoniano “sopire e troncare…troncare e sopire” onde evitare che “vengan fuori cent’altri imbrogli”. Ma il vecchio Toti, con cortese ironia, ricusa la “saggezza” pelosa del prelato.
Ben caratterizzata la coppia dei suoceri, che poi sono il bidello Cinquemani (Valerio Santi) e la consorte Marianna (Rita Abela ). La coppia risulta molto credibile sia nel rappresentare il tenore del menage coniugale sia nella morale perbenista che ostentano all’inverosimile, fino al punto di anteporla al loro doveroso affetto di genitori.
Perfettamente calata nella parte di zitella acida, Valentina Gristina, che ha impersonato la signorina Rosaria De Lisi, la arcigna sorella di Giacomino, sfoggiando una pettinatura impertinente, più che consona al personaggio.
Giacomino è stato interpretato da Marco Guglielmi, che ha dato il meglio della sua recitazione nel finale, dove, del resto, il copione gli dava agio di esprimersi compiutamente.
Federica Bern ha dato vita ad una Lillina appassionata e disperata più che veritiera. Liborio Natali, ha impersonato credibilmente la figura di un direttore scolastico troppo compulso nel ruolo del funzionario ligio all’approvazione della pubblica reputazione. Brava, infine, Gaia Lo Vecchio che è stata capace di calarsi, alternativamente, nella parte delle due serve, le “criate” Rosa, di casa Toti, e Filomena, di casa De Lisi, con sapiente capacità di caratterizzarne indole e atteggiamenti di entrambe, nell’una petulanti e nell’altra indolenti fino a rasentare il comico.
La regia è di Fabio Grossi, che ha saputo “prosciugare” i tre ponderosi atti dello spettacolo pirandelliano originale, riducendoli in un quasi atto unico, con cambi di scena agili e fluidi dovuti all’opera della scenografa Angela Gallaro Coracci. Che è autrice anche dei costumi, inizio secolo, veramente indovinati, nelle fogge e nei colori. Più che pregevoli la talare di monsignor Landolina, con tanto di fascia frangiata e mantellina (la pellegrina) ed il completo di un bel color fucsia -ruggine del professor Toti, che gli conferiva quel tocco di spigliatezza non proprio da vecchio, come il personaggio originale avrebbe prescritto.
Lo spettacolo è una coproduzione tra il Teatro Stabile di Catania e la Compagnia ENFI Teatro.
Teatro non stracolmo all’inverosimile, come la compagnia meritava, ma pubblico attento e più che caloroso, che alla fine ha tributato plausi ed applausi prolungatamente, richiedendo più e più chiamate a protagonisti e comprimari.
La recensione si riferisce allo spettacolo di mercoledì 4 dicembre 2019.
Carmelo TOSCANO
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