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Castellammare di Stabia

Fattoria verticale: il futuro dell’agricoltura

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entro un’acciaieria abbandonata di Newark, in New Jersey, è stata creata la più grande fattoria verticale del Pianeta. Si estende per 6410 mq e promette di produrre ogni 12 mesi almeno 907 kg di vegetali risparmiando il 95 per cento dell’acqua rispetto alle coltivazioni tradizionali. Se gli orti privati sui tetti di Brooklyn o nei giardini di Venezia suggeriscono la volontà di singoli abitanti di produrre in proprio il cibo dentro le città, quanto sta avvenendo a Newark dimostra che la scienza della coltivazione urbana entra nella dimensione del mercato.

La possibilità di far crescere su larga scala piante e frutti senza aver bisogno di raggi solari, suolo ed acqua è stata teorizzata nel 1999 da Dickson Despommier, docente di Microbiologia e Salute Pubblica alla Columbia University, ricorrendo al termine di «agricoltura verticale». Da allora sono state più iniziative private – dagli Stati Uniti alla Svezia fino al Giappone – a investire nella tecnica dell’«Aeroponics» che si basa sull’uso dell’aria al posto dell’acqua per aiutare gli agricoltori del XXI secolo a creare le migliori condizioni per coltivare in un Pianeta dove il 54 per cento della popolazione vive già in centri urbani e nel 2030 il totale degli abitanti toccherà 8,5 miliardi. «Il nostro obiettivo è produrre piccoli vegetali ed erbe come basilico e crescione – spiega David Rosenberg, fondatore di “AeroFarms” e ideatore della fattoria verticale di Newark – non solo per creare grandi orti dentro i grattacieli ma per avere un impatto più vasto, cambiando il mondo».

L’architettura dove coltiviamo il futuro

Poiché si tratta di ambienti agricoli dove non vi sono stagioni, giorni o notti – con luminosità, umidità e temperature controllate -, i raccolti si succedono senza interruzione, fino ad arrivare a 22-30 l’anno. E’ una tecnica che si richiama a quanto sperimentato dagli astronauti della Nasa a bordo della Stazione spaziale internazionale. «AeroFarms» punta a costruire 25 fattorie urbane nei prossimi cinque anni mentre in Svezia i concorrenti di «Plantagon International» vogliono inserirle in grandi progetti di edilizia pubblica: case popolari, edifici governativi e atenei. Hans Hassle, ceo di «Plantagon International», adopera una terminologia che riflette l’innovazione: «Vogliamo incorporare le fattorie verticali in edifici multiuso» per armonizzare sviluppo dell’alimentazione, difesa dell’ambiente e mercato immobiliare. E’ una ricetta per creare una convergenza fra industria alimentare e sviluppo urbano. E può generare innovazioni a pioggia sul modo di vivere nelle metropoli. Despommier è convinto che tale accelerazione sia inarrestabile ed a testimoniarlo è, come dichiara al «New York Times», quanto avvenuto a Fukushima, in Giappone, perché dopo le distruzioni causate nel 2011 dal terremoto gli abitanti hanno reagito aumentando la superficie commerciale delle coltivazioni verticali. Oggi ve ne solo almeno 150 sulle isole del Sol Levante con Taiwan e Singapore protagoniste della rincorsa scientifica e commerciale. Nulla da sorprendersi se il Dipartimento di Agricoltura Usa ha confezionato il proprio «Urban Agriculture Toolkit» rendendo accessibili online le informazioni-base grazie alle quali ognuno può ambire a «produrre cibo salutare e creare posti di lavoro grazie all’agricoltura urbana».

Sono sviluppi che suggeriscono quanto la crescita del mercato alimentare non abbia come protagonisti solo mega-fusioni come quella Bayer-Monsanto, ma anche invenzioni e creatività di singoli determinati a vincere la sfida di sfamare le prossime generazioni.

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