E
’ di queste settimane il tormentone dello “scandalo” Facebook che ha fatto discutere mezzo mondo, dovunque ci siano aficionados dello “scroll” su cellulare o tablet.
Sostanzialmente i fatti venuti a galla un po’ ci sorprendono e un po’ ci fanno sorridere. Qualcuno ha detto, tra il faceto ed il caustico, che “i panni sporchi si lavano in famiglia, ma poi si stendono ad asciugare su Facebook”. Tutto in bella mostra di se steso al sole ad asciugare e ad essere, se non ammirato, almeno osservato. Quello che mangi (foto al piatto), come ti vesti (foto del proprio look), quello che pensi e scrivi sui fatti di cronaca, sulla politica, sulla religione, sui tuoi affetti e le tue idiosincrasie…
C’è chi scrive in modo sobrio e chi si sbrodola per un nonnulla ad ogni piè sospinto. Ma tutti ormai abbiamo la smania di pubblicare, anzi di “postare”: ”pensieri, opere ed…omissioni”. Tutti abbiamo eserciti di “amici” con i quali condividiamo ogni nostro minimo spiffero: culturale, affettivo e…fisico!
Questa smania collettiva ha prodotto un cicaleccio informatico di dimensione planetaria. Siamo contenti se una nostra foto è stata vista “anche” in Australia… e via delirando.
Epperò ci scandalizziamo se un gruppo di persone svelte ci fiuta l’affare e comincia a fare due più due e poi, mettendoli insieme, quattro più quattro. Infatti qualcuno, più perspicace e disinvolto, “affascinato” da queste messe di dati ha cominciato a mietere informazioni a piene mani, anzi a piene braccia. Ha osservato questa miriade di dati, apparentemente informe, ha cominciato a rifletterci su ed a classificarle e catalogarle per categorie omogenee, cavandone bracciate di nuove informazioni pronte per diventare banche dati portentose.
Sono nate società che hanno sviluppato potentissimi programmi in grado di disaggregare e riaggregare queste montagne di dati ed orientarli per essere riutilizzati (sfruttati) a scopo utilitaristico, per come una società capitalistica sa fare nel suo DNA.
“Abbiamo utilizzato Facebook per raccogliere i profili di milioni di persone. E abbiamo costruito modelli capaci di sfruttare quello che sapevamo su di loro per prendere di mira i loro demoni interiori ed orientarli poi” confessa candidamente un ex dipendente di una delle aziende informatiche oggi nell’occhio del ciclone mediatico.
Ne sono nati programmi in grado di tracciare profili “psicometrici” (che dovrebbero prevedere i comportamenti di un utente in base alle sue esternazioni online) e tecniche “psicografiche” (che dovrebbero riuscire a produrre messaggi pubblicitari modulati al profilo psicometrico di ogni singolo utente per influenzarne poi le scelte elettorali). Ovviamente non si tratta di scienze esatte, ma certo il mondo della pubblicità possiede molti maghi della “persuasione occulta” che hanno fatto scuola e successo economico. Mutuando da questo mondo le tecniche di messaggistica efficace, le aziende che possiedono ponderose banche dati le hanno offerte al mondo della politica, che, a sua volta, le ha usate con la spregiudicatezza che le è connaturata. Manco a dirlo, sono piovute accuse infuocate in parecchie nazioni. Soprattutto dove si sono avuti esiti elettorali inaspettati e poco “graditi” dall’establishment. Negli USA per le ultime elezioni presidenziali si grida allo scandalo affermando che lo staff elettorale di Trump avrebbe usato spregiudicatamente il profilo FB di cinquanta milioni di elettori. Ribaltando le previsioni della vigilia. Trump veniva dato dagli allibratori 150 a 1. Eppure ha vinto. A causa dello “sfruttamento” di FB o per la stanchezza di una fetta di elettorato che si era sempre sentito emarginato?
In Gran Bretagna idem. Si addita l’uso scorretto dei dati FB quale causa della vincita del partito Brexit. Causa FB o lo snobistico isolazionismo inglese?
Un ex dipendente di una di queste società di banche dati ha rivelato che perfino in Italia un partito politico nel 2012 ha commissionato una consulenza e riportato poi un sostanzioso successo nelle successive elezioni. Non è dato sapere di quale partito si tratta.
La vicenda non finirà qui. Intanto il patron di FB Mark Zuckerberg ha chiesto pubblicamente scusa, dopo che il suo titolo in borsa ha registrato un disastroso scivolone del meno 7%.
Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani ha espresso preoccupazioni pubblicamente per la vicenda. Si teme per le prossime elezioni europee del 2019: l’Europa rischia di sfasciarsi.
Si può soffiare sul fuoco dello scontento antieuropeista e far crollare tutta l’impalcatura comunitaria, costruita con pazienza da decenni, seppure con tutte le sue criticità.
Inutile dire, che sia in America, sia in Europa, sono state aperte indagini dalle autorità istituzionali. Inoltre, da parte di varie associazioni di categoria, sono state intraprese azioni a tutela dei consumatori, che si ritengono danneggiati da queste modalità di utilizzo dei loro dati sensibili.
Noi ribadiamo che FB è diventata una mania smaniosa, fin quasi a rasentare la dipendenza psicologica, permette il furto ed il traccheggio dei dati di ogni singolo utente, ruba tempo prezioso da poter dedicare alle relazioni sociali autentiche…
Ma se tanti si mostrano così scandalizzati, altri molto danneggiati, perché non ha avuto successo la proposta dirompente circolata in rete a chiare lettere: cancelliamoci in massa da Facebook?
Carmelo Toscano
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