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’annuario regionale 2020 di Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione Europea) fornisce un quadro dettagliato relativo a un’ampia gamma di temi statistici nelle regioni degli Stati membri dell’UE, nonché nelle regioni del Regno Unito, dell’EFTA (L’Associazione Europea di Libero Scambio è un’organizzazione interstatale che promuove il libero scambio e l’integrazione economica tra gli stati membri) e dei paesi candidati.
Ogni capitolo della classifica Eurostat presenta informazioni statistiche sotto forma di mappe, figure e infografiche, accompagnate da un’analisi descrittiva che evidenzia i principali risultati. Gli indicatori regionali sono presentati per le seguenti 13 materie: popolazione, salute, istruzione, mercato del lavoro, condizioni di vita, economia, imprese, ricerca e innovazione, società digitale, turismo, trasporti, ambiente e agricoltura.
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I dati sono riferiti al 2019, pre Covid.
Secondo l’Eurostat, la Sicilia e la Campania sono le regioni europee con il tasso di rischio di povertà più alto in Ue. Le persone che hanno un reddito disponibile inferiore al 50% di quello mediano nazionale dopo i trasferimenti sociali – secondo gli ultimi dati Eurostat – sono in Sicilia il 41,4% della popolazione (era il 40,7% nel 2018), seguita dalla Campania con il 41,2%, in calo sul 2018.
Se poi si guarda alla platea più ampia di coloro che sono anche a rischio di esclusione sociale (comprende chi vive in famiglie a bassa intensità di lavoro e chi ha problemi di deprivazione materiale) per la Sicilia la percentuale sale al 48,7% a fronte del 49.7% della Campania, top in negati nell’Ue.
Più povere: dell’enclave spagnola di Ceuta (38,3 per cento) ed Extremadura (35,6 per cento) in Spagna, la Regione del Nord-Est in Romania (35,6 per cento) e Severozapaden in Bulgaria (35,1 per cento).
Tra i territori con il tasso più alto della popolazione a rischio povertà c’è anche la Calabria, con 32,7 per cento, a fronte di una media europea del 16,8 per cento. Campania, Sicilia, Calabria insieme a Puglia e Basilicata compaiono anche tra le 10 regioni in cui è più marcato il cosiddetto “gender gap”, ossia la differenza tra livello di occupazione di uomini e donne che in tutti i casi italiani supera i 25 punti percentuali. Il tasso medio in Europa di occupazione femminile è del 67% contro il 79% dei maschi. Stoccolma l’area con il più alto livello di occupazione femminile (83,3%), Praga per quanto riguarda i maschi (91,4%).
L’opinione:
Ancora una volta una classifica eloquente dell’annoso fallimento dello Stato italiano e dei suoi decennali incapaci e inconcludenti: Governi, Parlamenti, Istituzioni, Giustizia, Burocrazia e rispettiva cosiddetta Società civile, professionale, intellettuale, sindacale, associativa, imprenditoriale, culturale e mediatica.
Siamo nel 2021 e l’unità d’Italia risale al 17 marzo 1861. Non solo come si suole dire: si è fatta l’Italia e ancora si devono fare gli italiani; ma di tutta evidenza e statistica, in più di un secolo e mezzo, non si è stati capaci nei trasversali “Piani alti” di fare neanche l’Italia.
Civilmente come se ne esce ?