Con Esercitazioni su Amleto il Teatro mette in scena se stesso, condividendo “i ferri del mestiere” con gli spettatori, chiamati a vivere l’esperienza insolita direttamente sul palcoscenico e restandone letteralmente coinvolti
La regista Monica Conti ha avuto la generosità di condividere con gli spettatori un assaggio del suo laboratorio teatrale.Insieme ad un gruppo di suoi allievi – e di attori vari – ha dato vita ad un esperimento teatrale davvero insolito. È difficile definirlo spettacolo “tout court”, perché è stato scuola, scoperta, partecipazione, meraviglia e tanto di tutto questo messo insieme.L’idea le è nata dopo aver tenuto un workshop al teatro “Le Muse” di Flero .Si lavorava sull’arcinoto monologo shakespeariano dell’Amleto .Il celebre dilemma dell’essere o del non essere nella vita, è stato qui trasposto al lavoro dell’attore: essere o non essere attore oggi.Così, regista ed attori, hanno voluto proseguire il loro lavoro in questo approfondimento attoriale, giustamente sottotitolato: Esercitazioni su Amleto.
Nove attori, vestiti solo di una tuta nera, si sono esercitati ed esibiti di fronte ad una cinquantina di spettatori invitati a sedersi in una doppia fila di sedie sulla bocca scenica, infrangendo così – idealmente e di fatto – la quarta parete del palcoscenico.Lo spettatore si è trovato proprio dentro il palcoscenico, ad assistere, anzi a partecipare, in prima persona al tirocinio ed al training che ogni singolo attore deve praticare durante la sua formazione.
I fortunati siamo come entrati dentro un’accademia di recitazione ed abbiamo constatato “de visu” quale lungo e difficile percorso di preparazione ogni singolo attore deve percorrere prima di raggiungere un target di base minimo.Sotto la guida vigile ed incentivante della Maestra, gli attori si sono prodotti, man mano, in varie prove ed esercitazioni.Il monologo di Amleto è stato letto, vissuto ed interpretato in modo personale da ogni singolo attore.
E qui hai potuto apprezzare in quanti modi lo stesso testo può essere declinato, a seconda della personalità, della sensibilità, della cultura e dell’esperienza di ogni singolo interprete.Per il comune spettatore è stata una scoperta disvelante e sorprendente che gratifica e che fa capire quanto sia magico il mondo del teatro.
Anche la pazzia di Amleto è stata oggetto di esercizio interpretativo.Ciascuno dei novi attori (quattro donne e cinque uomini) hanno interpretato un modello comportamentale di pazzia.
Ognuno con le sue originalissime manie e tic, affabulazioni e confabulazioni, compulsività e irascibilità varie.Con tale naturalezza e realismo che sembrava di essere veramente in un autentico manicomio.Che per grazia di Dio ormai sono stati definitivamente chiusi.
In uno dei suoi misurati interventi, la regista ha precisato che nulla di quello che gli attori facevano in scena, era stato formalizzato o fissato in precedenza su un copione.Ma ogni attore avrebbe dato sfogo alla sua libera, personale espressione ed espressività.
L’Amleto, ovviamente, costituiva un pretesto didattico su cui esercitarsi.Alla stessa stregua delle “variazioni” che si usa fare in musica su un’opera conosciuta.
La regista Monica Conti, nella sua lunga ed intensa carriera non è nuova nell’insegnamento.Infatti è attualmente docente alla Scuola Civica di Arte Drammatica di Milano ed all’Accademia del Dramma Antico di Siracusa.
Quindi le esercitazioni degli attori o degli aspiranti attori, sui testi classici è per lei pane quotidiano.In tal modo gli attori affinano la loro tecnica di recitazione ed hanno la possibilità di “sviluppare e sviscerare i tanti temi nascosti” che ogni singola opera contiene.
Anche per gli spettatori è stata occasione di autentico stupore culturale e di intenso coinvolgimento emotivo.Esperienza da vivere e da ripetere.
Doveroso riconoscimento va alla direzione artistica del teatro “Le Muse”, che ha avuto la lungimiranza ed il coraggio di mettere in cartellone una simile perfornance.
di Carmelo TOSCANO
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