Danilo Rufini: “Ho Scelto Siracusa perchè sapevo di non fare un torto ai tifosi stabiesi”
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anilo Rufini è uno dei diversi giocatori che rappresenta, a livello calcistico, l’unione fra le due squadre unite da un trentennale gemellaggio. Due anni a Castellammare prima e un anno a Siracusa poi, fanno di Mister Rufini l’anello di congiunzione del passato “Sirastabiese”.
A Castellammare giunse nella stagione 2003/2004 quando la Juve Stabia militava in serie D, inoltrando il suo soggiorno nella squadra campana sino alla stagione successiva quando approdò in C2.
A Siracusa Mister Rufini, passa un solo anno, durante la stagione 2005/2006, ma anche se per un breve periodo, la città gli è entrata nel cuore e con lei l’intera tifoseria aretusea.
Dopo un breve periodo dal suo ritiro nel 2012, Rufini inizia la sua professione da allenatore collezionando successi e salti di categoria, l’ultimo con il Brindisi.
Ringraziamo il Mister per la sua cordiale disponibilità e gli auguriamo ancora grandi successi.
- Mister, può raccontarci come è stato il suo attuale campionato che lo ha visto ancora una volta vittorioso?
Riportare una piazza importante come Brindisi in una categoria più consona per quello che è il suo blasone per me è un motivo di orgoglio, come tutti i campionati è stato difficile. Tirando le somme abbiamo vinto con un grosso vantaggio rispetto alla seconda, registrando i migliori dati con 24 partite consecutive senza sconfitte. È stato un campionato che dall’inizio alla fine ci ha visti protagonisti e per me è motivo di orgoglio essere stato uno degli artefici del primo passo verso il calcio che conta.
- È più facile allenare o giocare in campo?
Io nelle difficoltà mi esalto perché secondo me il problema ti stimola. Diciamo che, da calciatore dovevi badare soprattutto a te stesso quindi era importante fare: una vita sana, allenarti bene, essere pronto mentalmente, essere grintoso per fare una buona prestazione in più avevi modo di sfogarti in campo. Da allenatore è un po’ diverso perché devi cercare di far ragionare trenta persone con un’unica testa. Questo no vuol dire trattare tutti i giocatori alla stessa maniera, nel senso che dovevi essere giusto e chiaro con tutti, ma è normale che ogni giocatore ha un carattere diverso dall’altro, quindi devi saper prendere ogni giocatore per il suo verso e questo non vuol dire favorirlo, ma andare verso la strada giusta per ottenere il suo meglio. Quindi la difficoltà dell’allenatore è: prima capire appunto ogni giocatore, la lettura delle partite anche perché un cambio fatto un minuto prima e uno dopo può avere effetti diversi e capire l’avversario ed empatia con i giocatori, sicuramente fare l’allenatore è più problematico.
- Domenica ci sarà il match “Sirastabia”, lei ha giocato in entrambe le quadre, qual è il suo ricordo più importante del Siracusa e della Juve Stabia?
A Siracusa rispetto a Castellammare ci sono stato solo un anno, anche se poi sono tornato in vacanza negli anni avvenire avendo molti amici in città. È una piazza esigente così come lo è Castellammare. A Siracusa sono stato benissimo pur vivendo dei momenti anche difficili, perché avevamo una squadra forte che poteva vincere il campionato, poi abbiamo perso i play-off ai rigori contro il Cosenza. Personalmente sono molto soddisfatto di quello che ho fatto a Siracusa ho un ottimo rapporto ancora con tanta gente e i momenti felici, oltre alla bellezza della città e la gente siracusana che ho vissuto a pieno con la mia famiglia, sono le tre vittorie consecutive contro: Cosenza, Vibonese e Sapri che ci portarono al primo posto in classifica.
Castellammare per me è una seconda casa ho fatto due campionati vincendoli, al primo colpo abbiamo vinto campionato coppa e siamo arrivati a disputare lo scudetto ed eliminati solo per differenza reti. L’anno seguente siamo arrivati al secondo posto in C2 dopo la promozione in C1. Non posso mai dimenticare il calore e l’affetto dei tifosi sempre numerosissimi. La mia carriera non avrebbe avuto lo stesso senso senza i miei anni a Castellammare, là mi sono sentito davvero calciatore ed era come portare lo spirito del tifoso in campo.
- Cosa manca al Siracusa e cosa alla Juve Stabia per fare il salto di qualità?
La Juve Stabia sta facendo un grandissimo campionato e non si può parlare di salto di qualità perché già l’ha fatto. Stanno ottenendo grandi risultati, hanno fermato il Lecce, il Catania e sicuramente la sconfitta di Caserta è come cercare il pelo nell’uovo.
Siracusa invece dopo una partenza importante negli ultimi tempi ha un po’ deluso le aspettative.
- C’è qualcosa di questo Siracusa e di questa Juve Stabia che ricorda gli anni in cui ha vissuto queste due piazze?
Sia a Siracusa che a Castellammare è tutto diverso. A Siracusa quando sono arrivato io c’era una società giovane con Salvoldi in testa, una squadra molto ambiziosa anche se giovane. A quei tempi molto inesperta poi ha dimostrato di aver acquisito le giuste competenze. Adesso Siracusa è una piazza da lega Pro è all’altezza della situazione. Ha avuto sicuramente un miglioramento societario che ha grande esperienza sulla categoria in cui milita.
Castellammare lo è sempre stata nonostante venisse da un fallimento, però adesso rispetto a prima c’è sempre quella professionalità, ma stanno venendo un po’ meno i tifosi cosa che ai miei tempi lo stadio era sempre strapieno.
- Da giocatore come si vive Sirastabia?
Personalmente non mi sono mai trovato a giocare contro nessuna delle due. Devo dire che ho scelto Siracusa proprio perché sapevo che andando in questa squadra non avrei fatto un torto ai tifosi della Juve Stabia. A Castellammare avevo ancora tre anni di contratto, ma per particolari scelte avevo deciso di dividere le nostre strade. Avevo grandi richieste anche da società, come la Paganese, che mi offrivano un buon compenso, però ho preferito non andare dove c’era dell’astio con i tifosi. Ho preferito Siracusa perché sapevo che i tifosi avrebbero accolto meglio la mia decisione, rimanendo così anche in buoni rapporti con la gente di Castellammare. Quindi questa fratellanza, indirettamente ha condizionato la mia scelta e devo dire che scelsi bene perché Siracusa è stata una tappa importante della mia carriera.
- Che partita sarà quella di domenica?
Sicuramente una partita combattuta tra due squadre che vogliono i play-off. La fratellanza riguarda i tifosi, in campo si va ognuno per fare i propri interessi. Sarà una bella partita tra due squadre ottime, sicuramente il caldo condizionerà i ritmi della partita, sicuramente vincerà lo sport e che vinca il migliore.
- Quale squadra vorrebbe allenare?
Questa è una brutta domanda, sono due piazze importanti però non nego che il mio sogno è quello un giorno di poter allenare la Juve Stabia. Sto lavorando in questo senso, in 6 anni che alleno ho vinto tre campionati e due coppe di eccellenza. Spero che questo mi possa servire come curriculum per allenare un giorno piazze come Castellammare.
- C’è qualcosa che le manca della piazza di Siracusa e della Juve Stabia?
Mi manca rivivere quei momenti da protagonista in campo e mi manca sentire ancora per 100 minuti quei tifosi incitare la squadra. Solo a pensarci tornano i brividi, perché non sentivi stanchezza né fatica davanti a 12000-15000 spettatori come succedeva in serie D a Castellammare.