16 C
Castellammare di Stabia

Energia, l’Europa va in campo divisa MARIO DEAGLIO*

LEGGI ANCHE

I

flusso dei migranti non è l’unica sfida esistenziale che l’Unione Europea deve affrontare in questi tempi burrascosi. Un altro flusso può far correre all’Europa rischi ancora maggiori: si tratta di quello degli idrocarburi che arrivano in prevalenza grazie a oleodotti e gasdotti, e che soddisfano quasi i tre quarti del bisogno energetico europeo. Per quanto le attuali riserve di greggio dell’Europa risultino addirittura sovrabbondanti, senza una garanzia di rifornimenti regolari, a un prezzo accessibile e relativamente stabile, l’esistenza stessa dell’economia europea viene messa a rischio, assai più di quanto possono metterla a rischio gli arrivi – pur numerosi, caotici e destabilizzanti – dei profughi e degli altri immigrati.  

Finora, ciascun Paese europeo ha sostanzialmente fatto da solo, affidando alle proprie compagnie petrolifere – talvolta in unione, talvolta in concorrenza tra loro – il compito di assicurare la stabilità dei propri rifornimenti energetici, in chiave esclusivamente o prevalentemente nazionale. Gli italiani dell’Eni si sono costruiti due linee di approvvigionamento: la prima su un asse Est-Ovest che parte dai giacimenti russi e dei Paesi dell’Asia centrale e attraversa l’Ucraina, la seconda su un asse Sud-Nord che dalla Libia e dall’Algeria (e in un prossimo futuro anche dall’Egitto) attraversa il Mediterraneo.  

I tedeschi hanno stretto importanti accordi con i russi, ottenuto forti finanziamenti europei e terminato nel 2011 la costruzione del gasdotto Nord Stream, poggiato sul fondo del Mar Baltico per evitare di passare per la Polonia; i francesi, dal canto loro grazie alla scelta nucleare per l’elettricità, hanno partecipato solo marginalmente a questo «grande gioco». 

Le reti elettriche europee sono state, sia pure debolmente, unite tra loro e così il sistema energetico del vecchio continente, per quanto un po’ zoppicante, è riuscito a stare in piedi. Negli ultimi anni, però, è saltato tutto. La caduta del regime di Gheddafi nel 2011 e la successiva dissoluzione dello Stato libico hanno reso complessivamente assai più aleatorie le forniture energetiche dalla Riva Sud del Mediterraneo mentre con l’esplodere della crisi ucraina è divenuta problematica una parte del rifornimento energetico da Est. L’ipotesi di un nuovo gasdotto che «scavalcasse» l’Ucraina, passando per il Mar Nero, la Bulgaria e la Grecia è sostanzialmente archiviata per il durissimo scontro tra Mosca e Ankara. L’Europa non può sottovalutare il rischio di essere messa in crisi, in un prossimo futuro, da una possibile penuria energetica con termosifoni soltanto tiepidi e il razionamento di fatto di elettricità e benzina. 

In quest’orizzonte incerto, la Germania si è mossa da sola e ha concluso nuovi accordi preliminari con la Russia per il raddoppio del Nord Stream violando, se non la lettera, almeno lo spirito delle sanzioni anti-russe decise dall’Occidente a seguito della vicenda ucraina e creando una situazione con due pesi e due misure. Semplificando al massimo, l’Italia, come altri Paesi, deve sopportare, senza sconti, gli effetti negativi delle sanzioni anti-russe, mentre la Germania controbilancia almeno in parte questi effetti con i benefici diretti e indiretti derivanti dal raddoppio del gasdotto. Tutto ciò sta creando malumore in Europa – in quanto la Germania si ritaglierebbe una «posizione dominante» – il che ha fatto sì che al vertice europeo di metà dicembre la sola Olanda si sia schierata a fianco dei tedeschi. Si potrebbe andare verso un blocco del progetto da parte dell’Unione Europea. In questo clima si inquadra la telefonata fatta da Putin a Renzi un paio di giorni fa con la richiesta di fatto di una consistente partecipazione italiana. Il problema sarà certamente sollevato nell’imminente incontro tra lo stesso presidente del Consiglio e la cancelliera tedesca. 

Al di là degli interessi nazionali, si sta facendo strada un essenziale interesse europeo: la necessità di un’«unione energetica» in cui le procedure, i vantaggi e i costi siano sufficientemente chiari e che risulti meno sbilanciata a favore della Germania di quanto non si stia rivelando l’unione bancaria. Il futuro dell’unificazione europea forse passa assai più dall’energia che dall’affannosa ricerca di una base ideologica. 

 

*lastampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cittadella – Juve Stabia: La doppia faccia di Luca Pandolfi, dal flop a Castellammare al successo in Veneto

L'ex Juve Stabia affronta la sua vecchia squadra nel momento migliore della sua carriera, ma la memoria collettiva delle Vespe lo lega ad una stagione da incubo.
Pubblicita

Ti potrebbe interessare