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Elezioni comunali: Renzi incontra i suoi e analizza la sconfitta

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<strong>Il segretario del Pd incontra i suoi e analizza la sconfitta: “Siamo andati al voto in chiave anti-Grillo, ma Berlusconi c’è ancora”. Sotto esame lo schema di alleanza che guarda solo a sinistra: “Così siamo destinati a perdere”.

Renzi: destinati a perdere se l’unico nostro schema è allearci con la sinistra

“Ragionavamo in chiave anti-Grillo, ma Berlusconi c’è ancora”. Sconfitta storica anche a La Spezia

ROMA –  poche ore dalla chiusura dei seggi, i vertici del Pd si sono confidati con onestà: se si perde Genova ma si riescono a vincere Taranto, Padova, L’Aquila più una città in Toscana e una in Lombardia, è “solo” una sconfitta. Meno di così, è una débâcle: proprio quella che si concretizza a notte, con sconfitte da L’Aquila a La Spezia a Lodi, nonostante le sorprese positive di Padova e Lecce. Un magro bottino che oggi commenterà il vicesegretario, Maurizio Martina. Resterà in silenzio Matteo Renzi, che ieri ha atteso i risultati in famiglia a Pontassieve esprimendosi via Facebook, dialogando con gli utenti del social network ma, in una giornata così delicata per il partito, per parlare solo di sport, la Ferrari e lo «scandalo arbitrale» di cui è stata vittima l’Italia del basket femminile. Forse nemmeno oggi scenderà a Roma, a fronteggiare chi, come l’avversario interno Andrea Orlando, già nella notte dava il via a una resa dei conti: «Il Pd isolato politicamente e socialmente perde quasi ovunque. Cambiare linea. Ricostruire il centrosinistra subito».

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Già due settimane fa, dopo il primo turno, ai piani alti di Largo del Nazareno avevano ragionato sui risultati. Quelli già acquisiti, e quelli che sarebbero arrivati ieri, prevedendo un’ampia vittoria del centrodestra. Convinti con disappunto che, se il M5S è uscito male da questa tornata, i voti che loro perdono non vanno verso sinistra, ma verso destra. E lì, in quell’area, dove hanno rinsaldato l’alleanza tradizionale Forza Italia-Lega hanno vinto: a partire dalla città più attesa di questo voto, Genova, persa dopo anni di dominio incontrastato. Dove pure il centrosinistra si presentava unito, una coalizione sbilanciata a sinistra, sostenuta anche dagli scissionisti di Mdp perché, spiegano dal Pd ligure, «dopo la sconfitta della Paita di due anni fa si pensava che con un renziano non si potesse vincere». Ecco, è proprio a partire dai dati del capoluogo ligure che il segretario dem ieri sera discuteva con i suoi: «Berlusconi c’è ancora. Siamo andati al voto con uno schema anti-Grillo, ora bisogna trovarne uno più efficace contro il centrodestra: dobbiamo rafforzare il profilo riformista». Frase che i suoi interlocutori hanno interpretato in un solo modo: se per fronteggiare Grillo bisognava inseguire Pisapia, contro la destra serve un Renzi più prima maniera. Alla faccia della richiesta orlandiana di «ricostruire un centrosinistra».

Perché è ovvio che dal risultato di stanotte si trarranno anche conclusioni sul piano nazionale. Prima tra le osservazioni del segretario del Pd, quindi, è che l’ex Cavaliere è tornato, è di nuovo temibile, e queste comunali potrebbero convincerlo definitivamente a tornare a braccetto con Salvini. Non solo: dal Pd sono convinti che un Berlusconi di nuovo in auge potrebbe avere conseguenze anche sull’immediato, una grande forza attrattiva, nel Palazzo, sull’area di Alfano. E poi, seconda osservazione, il rapporto con la sinistra fuori dal Pd, a partire da Pisapia. Se Genova dopo anni di vittorie di centrosinistra è persa, se mettendo insieme il largo e plurale centrosinistra di cui parla Pisapia il risultato è stato quello di consegnare la città alla strategia di Toti e Salvini, allora forse non è quello lo schema vincente per il centrosinistra. Cioè non è utile rincorrere i pezzi di centrosinistra fuori dal partito – operazione che richiederebbe, secondo Prodi, di superare robusti «veti personali» – ma occorre accentuare piuttosto il profilo più riformista, o se si vuole “di destra” del Pd. Mentre Renzi ragionava così, mentre squadernava l’ipotesi di escludere del tutto una coalizione con Bersani, D’Alema e compagni, qualcuno dei suoi ha colto in lui un sospiro di sollievo: in fondo, non tutte le sconfitte vengono per nuocere.


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