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uella di ieri sera è stata per la Juve Stabia la classica serata no, quella in cui nulla di quello che hai in mente prende forma, rimanendo solo nella tua testa.
Al di là della partita nata male e proseguita peggio, le Vespe si trovano a fare mea culpa per essere incappate nei pochi, ma costanti, errori che hanno contraddistinto questo scorcio iniziale della stagione.
A volte le statistiche sono dati sterili, che raccontano poco di una gara, ma i dati del match tra Reggina e Juve Stabia aiutano a comprendere meglio dove le Vespe hanno perso la partita.
I gialloblú hanno fatto girare la palla per il 66% del tempo, contro il misero 34% degli amaranto. Di contro, però, i padroni di casa hanno tirato verso la porta 4 volte, mentre solo una (due, se contiamo i calci piazzati di Liviero) è stata la conclusione verso la porta calabrese da parte della Juve Stabia. Troppo poco per portare a casa i tre punti.
È il 66% di possesso palla delle Vespe il vero paradosso che rende incredibile la sconfitta. Ancora una volta la Juve Stabia si è esibita in un giro palla veloce e preciso che, come confessato dal tecnico amaranto Zeman, ha annichilito gli avversari. Soprattutto nel primo tempo Capodaglio, Izzillo e Mastalli hanno giocato palla a terra, con belle trame, in barba al pessimo terreno di gioco. L’altra faccia della medaglia è però la solita sterilità e la poca cattiveria sotto porta. Le Vespe sono state perfette fino alla tre quarti campo ma al momento di sferrare il colpo hanno visto il proprio pungiglione fiacco ed impreciso. Come già accaduto, la Juve Stabia ha sciupato buone occasioni, forse contando di andare in rete poco dopo. A trovare la porta, è stata pero, la Reggina.
La struttura dei gialloblù, ed il gioco dato loro da Fontana, sono da grande squadra ma il rischio è proprio che le Vespe siano troppo consapevoli delle proprie qualità. Non è la prima volta che gli uomini di Fontana si sono piaciuti tanto, forse troppo, dimenticando che la priorità è buttare la palla in rete. In questo senso diventa fondamentale acquisire un altro elemento tipico delle grandi squadre: la fame. Ci vuole più fame, più grinta, più “cazzimma”, soprattutto sotto porta. Essere forti, cosa confessata anche dagli avversari delle Vespe, non è un buon motivo per entrare in campo già certi della vittoria finale. Unico dato che rendo meno amara la sconfitta è che gli avversari dei piani alti della classifica non si sono certo allontanati tanto; il distacco non è diminuito, ma fortunatamente non è nemmeno aumentato in modo irrimediabile.
Altro elemento che rischia di diventare abituale è la carenza di personalità fuori casa. A Catania ed a Reggio Calabria le Vespe sono uscite dal campo sconfitte, a Fondi è arrivato un pareggio in extremis e a Monopoli il gol vittoria di Del Sante è stato difeso solo da un Russo versione Super Man. Proprio per sopperire a questo calo di personalità lontano dal Menti sarà essenziale recuperare i calciatori di maggiore esperienza: i rientri di Amenta e Salvi, uniti a quello ormai assodato di Capodaglio, saranno fondamentali in tal senso.
Raffaele Izzo