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ercoledì, la sveglia suona presto, giro di boa della settimana, altri tre giorni di duro lavoro da affrontare. La routine dei tifosi della Juve Stabia è stata però certamente resa più dolce dallo spettacolo offerto ieri sera dalle Vespe. Una squadra a tratti perfetta, quella di Caserta, che ha demolito il Potenza in una match che solo per i primi venti minuti della ripresa è stato davvero in discussione.
Prendendo in prestito una delle canzoni più note di Roberto Vecchioni, “Luci a San Siro”, potremmo dire che ieri la Juve Stabia ha acceso le “Luci al San Marco”, dato che, per quei pochi che non lo sapessero, San Marco è il rione di Castellammare feudo dei gialloblù, in cui la fa da padrona il Romeo Menti.
Due partite, due vittorie, 7 gol siglati a fronte della porta di Branduani ancora inviolata; in attesa di conoscere il destino della Viterbese, la Juve Stabia è in proiezione in testa alla classifica. Un inizio di stagione da incorniciare per il sodalizio di Manniello e Ciccone, che conferma la bontà delle scelte fatte nel corso dell’estate.
La Juve Stabia 2018/19 è una squadra che può contare su una qualità dilagante in ogni reparto. La difesa si è ormai corazzata, con Troest e Vitiello (in attesa di Aktaou) che si sono aggiunti alle certezze Branduani, Allievi e Marzorati della scorsa stagione. Nel centrocampo che ieri ha fatto faville, erano assenti Vicente e Viola, due titolari inamovibili nell’ultimo campionato, e nemmeno il forfait di Capitan Mastalli ha rappresentato un ostacolo per i gialloblù. Qualità che si esalta e eleva nel reparto avanzato, con punte, esterni e fantasisti tecnicamente completi (e concreti) come pochi.
Si ha la sensazione, però, che a fare davvero la differenza, in casa gialloblù, sia la fame, la voglia di arrivare in fondo ad ogni gara. Proprio la prima parte della ripresa, in cui la Juve Stabia ha saputo dimostrarsi “provinciale”, sapendo soffrire e ribattere come squadra i tentativi di un Potenza non domo sono un segnale, forse, ancor più importante delle quattro reti messe a segno. Emblemi della “garra” che pervade i calciatori stabiesi sono due elementi diversi tra loro, per carriera ed età: Adriano Mezavilla e Bruno El Ouazni.
Quando torni, a 35 anni, in un posto dove hai vissuto le migliori stagioni, personali e di quella società, hai tutto da perdere. Non avrà fatto questo ragionamento Mezavilla, che si è rimesso la casacca gialloblù con l’entusiasmo di un ragazzino. Guida serena per i più giovani quando è in panchina, tornado devastante quando l’ex compagno Caserta decide di mandarlo in campo: il Pirata delle stagioni magiche di Braglia è tornato all’arrembaggio.
Discorso analogo, dicevamo, per El Ouazni. Prima stagione tra i professionisti per l’attaccante italomarocchino, che dopo tanta gavetta è arrivato a guadagnarsi la sua grande occasione. Due scampoli di gara per lui, due gol e voglia di bruciare l’erba, a prescindere dal minutaggio, pur di prendersi quello che sente di meritare.
Una squadra ad immagine e somiglianza del suo allenatore, in grado come nessuno di incarnare lo spirito della tifoseria stabiese. Si lotta e si combatte di squadra su ogni pallone e fino all’ultimo minuto; se al coltello tra i denti ci si aggiunge, la qualità, ovvero il fioretto da brandire, la miscela non può che essere devastante per gli avversari.
Testa ora al derby di Pagani, “dimenticando” subito quanto fatto ieri sera, per fare in modo che le luci si accendano anche al Marcello Torre.
Raffaele Izzo