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Adnkronos) – Enzo Di Frenna, da anni paladino anti-tecnostress, ha un nome per il fenomeno che si è potuto osservare fra il pubblico al Concertone dell’1 maggio: “Ipnosi collettiva da smartphone”, la chiama. “La si vede ai concerti”, dove ormai gli spalti sono illuminati a giorno dalle luci blu dei telefonini, con la videocamera immancabilmente attivata, “ma banalmente anche in metropolitana, dove praticamente tutti viaggiano con la testa china sullo schermo”.E gli appelli, come quello lanciato da Achille Lauro al pubblico che ieri affollava il Circo Massimo di Roma (“Tutti i cellulari in tasca, grazie.
Domani lo raccontate”, ha detto il cantante), o quello lanciato appena qualche giorno prima persino dal Papa (“Lascia il cellulare e incontra le persone”), “non bastano”, evidenzia all’Adnkronos Salute il presidente di Netdipendenza Onlus, organizzazione che si occupa di prevenzione del tecnostress. “Perché sono qualcosa di fugace che alimenta una fugace notizia estemporanea.Qualcuno la leggerà, qualcuno per il tempo di una canzone metterà pure in tasca lo smartphone, ma poi di fatto tornerà alle sue abitudini”. Serve di più, riflette.
Serve “educazione digitale, formazione per addestrare le persone a gestire l’apparecchio.E serve insegnarlo fin dalle scuole”.
Se i volti noti “vogliono veramente fare la differenza”, dice l’esperto, “allora devono piuttosto fare pressione sulle istituzioni perché affrontino strutturalmente il problema”.Di Frenna parla di “ipnosi”, per spiegare cosa spinge a non staccarsi dal cellulare neanche di fronte a un’esperienza coinvolgente come quella della musica dal vivo, per un motivo preciso: “Non ci si accorge di ciò che si sta facendo”, si ha il cellulare in mano e “ci si estranea dalla realtà, non si è più neanche consapevoli.
Milioni di cellulari riprendono il palco e chi è dietro a quello schermo è ipnotizzato dalla realtà virtuale.Tra la persona e l’artista in quel momento c’è un filtro.
Guardiamo alla realtà non più in maniera diretta, ma con gli occhi della videocamera, del cellulare.E questo è un problema serio dal punto di vista psicologico”. Succede qualcosa di bello?
Si sta vivendo un’esperienza piacevole? “La frase ricorrente è: ‘Aspetta, faccio una foto, faccio un video’ – osserva l’esperto – Immagini che quasi certamente finiranno nel dimenticatoio, in un archivio che nessuno aprirà più.O diventano strumenti per mostrare agli altri qualcosa per qualche secondo sui social”. “Gli psicologi – continua Di Frenna – avevano lanciato diversi moniti in passato ed è quello che sta succedendo.
E’ un’espressione della ‘telefono-dipendenza’, forse la più importante oggi se pensiamo che il 95% delle persone fruisce di qualsiasi tipo di informazione attraverso il cellulare.Con il cellulare si va sui social, si guarda il meteo, si interrogano motori di ricerca, si controllano le email.
Quasi tutto viene filtrato dallo smartphone.E’ un’ipnosi sempre più dilagante.
Anche perché adesso la grande novità è che nei telefonini sta entrando l’intelligenza artificiale, che capisce cosa vuoi e ti dà quello che corrisponde alle tue emozioni e desideri.Avremo migliaia e migliaia di persone, in particolare ragazzi, che non si accorgono di quello che riesce a fare l’algoritmo dell’Ai quando hanno il cellulare in mano”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)