Dramma dei migranti – Gli aiuti della Ue (750 milioni in tre anni da dividere con l’Italia) sono briciole rispetto al costo reale per la gestione dei rifugiati, vicino a un miliardo all’anno e gli sbarchi nell’Egeo hanno messo alle corde le prenotazioni nelle isole. “L’economia ellenica è a rischio” dice l’Ocse ma Tsipras, costretto pure a taglire le pensioni per gli impegni con la Troika, spera nella ristrutturazione del debito
ATENE – Il dramma dei migranti manda il salvataggio della Grecia ai tempi supplementari. Il turismo, la seconda voce d’entrate, è alle corde. Nel paese sono bloccati 50mila rifugiati cui sarà necessario garantire vitto, alloggio e cure sanitarie “per almeno due anni”, calcola il governo. Il Pireo, cuore dell’industria nazionale, si è trasformato in un’enorme tendopoli che ospita oltre 4mila persone. E i soldi per affrontare l’emergenza, semplicemente, non ci sono. “Nessun paese può affrontare una situazione come questa da solo – dice il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria – l’economia ellenica rischia di avere contraccolpi pesantissimi”.
La prima accoglienza dei profughi – aveva calcolato lo scorso ottobre la Banca centrale – sarebbe dovuta costare quest’anno 670 milioni, lo 0,4% del Pil, solo in spese dirette. Peccato che quella cifra, ammette il governatore Yannis Stournaras, sia ora largamente approssimata per difetto: i calcoli erano stati fatti considerando il paese solo come una tappa di passaggio dei rifugiati in viaggio verso il Nord Europa. Oggi non è più così: l’Europa, la Macedonia e l’Albania hanno sigillato le frontiere. Chi sbarca dalla Turchia nelle isole dell’Egeo resta bloccato in Grecia. E il conto finale sarà molto più salato. Bruxelles ha promesso al governo Tsipras una fetta importante dei 750 milioni di fondi straordinari stanziati in tre anni per consentire ad Atene e Roma di far fronte alla crisi. Briciole rispetto alle reali necessità e una sorta di mancia, protestano ad Atene, rispetto alla pioggia di miliardi in arrivo per a Turchia.
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e spese dirette per tendopoli, mense e servizi sanitari, oltretutto, sono solo una parte del problema. L’altra sono le conseguenze sul turismo, il volano che negli ultimi due anni ha tenuto in vita i conti nazionali. Le autorità ufficiali ostentano ancora sicurezza. Le entrate 2016 sono previste in aumento del 5,6% a 15 miliardi grazie a oltre 25 milioni di visitatori. Chi lavora sul campo però racconta un’altra storia. Le prenotazione nelle isole interessate dagli sbarchi sono in calo del 50-60%. A rilento navigano pure quelle del resto del Dodecaneso. Se questi dati saranno confermati, nel bilancio ellenico rischia di aprirsi una nuova voragine destinata a rimettere in discussione la solidità del bilancio pubblico a ridar fiato ai sostenitori della necessità della Grexit. Soldi in cassa, del resto, ce ne sono pochi. Alexis Tsipras sta trattando in queste ore con i creditori l’ennesimo taglio alle pensioni (il dodicesimo dal 2010) pari all’1% del pil necessario a sbloccare i prestiti necessari a pagare i debiti – 3,8 miliardi – in scadenza a luglio. La terapia della Troika – dopo sei anni di cura intensiva – fatica a dare i suoi frutti: la disoccupazione è ancora al 24%, l’esposizione continua a crescere, il paese è tornato in recessione, le tasse arretrate (i greci non hanno i soldi per pagarle) sono salite a 83 miliardi. E in questa situazione trovare oltre un miliardo l’anno per il dramma dei rifugiati è una chimera.
La partita decisiva si gioca con ogni probabilità nelle prossime settimane. Protagonista la Troika in visita ad Atene per esaminare lo stato delle riforme, dare l’ok ai tagli alle pensioni e decidere se dare l’ok ai nuovi aiuti. Su questo fronte, almeno, c’è un certo ottimismo. Ue, Bce e Fmi potrebbero ammorbidire le loro posizioni per lasciare un po’ d’ossigeno a Tsipras. Le richieste sulla riforma previdenziale sarebbero state abbassate, in cambio magari di sforbiciate al bilancio della Difesa. La vera speranza del governo però è un’altra: vedersi riconosciuti gli sforzi sul fronte dei rifugiati con un adeguato piano di ristrutturazione del debito. Lo pretende l’Fmi. E persino i falchi del rigore, dopo aver messo in ginocchio Atene e averle lasciato il cerino dei migranti, potrebbero dare il via libera. Altrimenti i vaticini dell’Ocse potrebbero diventare realtà.
di ETTORE LIVINI / larepubblica / Pil in retromarcia, turismo ko. Il dramma-profughi fa tremare i conti della Grecia
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