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l governo ha mandato a Bruxelles un documento di bilancio 2018 ancora preliminare ma con linee guida già definite. Scende il deficit, con spese in calo più delle entrate, mentre si mette nero su bianco la riduzione del rapporto debito-Pil. Ora però, per portare in salvo una manovra poco elettorale, serve resistere agli assalti alla diligenza in Parlamento
Sorpresa: una manovrina non elettorale per il 2018
Nella legge di bilancio la riduzione del deficit arriva attraverso un calo di spesa superiore a quello delle entrate. Se resisterà agli assalti alla diligenza, il governo Gentiloni varerà una manovra piccola ma significativa, con il pregio di essere poco elettorale.
Arriva la legge di bilancio
Il Documento programmatico di bilancio (Dpb) che il governo ha inviato a Bruxelles incorpora gli effetti finanziari delle singole misure previste nella legge di bilancio (ancora non nota nei dettagli). In gergo, il Dpb descrive la manovra lorda, poiché contiene la lista degli interventi di bilancio che portano a maggiori o minori entrate e a maggiori o minori uscite. Il Def di aprile e la sua nota di aggiornamento di settembre indicavano la manovra netta, cioè gli obiettivi di deficit e debito per il triennio successivo. È sulla base di questi documenti che la Commissione europea giudica la qualità della finanza pubblica di tutti i paesi Ue.
I documenti indicati sono espressione del metodo Padoan, lo stile di conduzione della politica economica del ministro dell’Economia, che accoppia sistematici ma moderati sforamenti dagli impegni presi in precedenza con il rispetto sostanziale degli obiettivi di riduzione del deficit e di attenuazione/arresto della crescita e riduzione del rapporto debito-Pil.
Come mostra la figura I.1-6 (presa dal Dpb), il rapporto deficit-Pil va gradualmente verso zero: dal 2,1 del 2017 all’1,6 del 2018, allo 0,9 del 2019 fino allo 0,2 del 2020. In parallelo, scende anche il deficit strutturale (quello calcolato al netto di una tantum e delle oscillazioni cicliche che influenzano in automatico entrate e uscite effettive) per 0,3 punti di Pil nel 2018 e per 0,4 punti nel 2019 e nel 2020 (l’Europa ci chiedeva riduzioni annue di 0,5 punti). Ma almeno quelli per il 2018-20 sono numeri che, a differenza di quelli del 2016, vanno nella direzione giusta.
Un’altra figura del documento inviato alla Ue mostra che variazione del rapporto debito-Pil, sostanzialmente bloccata nel 2015-17, dovrebbe diventare negativa dal 2018 in virtù di una minore crescita del debito (a questo serve la riduzione del deficit) e di una – ottimistica – accelerazione nella crescita del denominatore del rapporto, con un’inflazione data in aumento dall’attuale +0,6 al 2,1 per cento del 2020.
Una piccola manovra non elettorale
La legge di bilancio “riempie” i saldi di finanza pubblica anticipati nella Nota di aggiornamento al Def di settembre con il dettaglio delle misure relative alle entrate e alle uscite. Mentre i tecnici del ministero sono ancora al lavoro per limare i provvedimenti da presentare in Parlamento, dal documento inviato a Bruxelles si può ricavare l’ammontare degli interventi per grandi voci.
Tabella 1
I numeri più importanti della tabella 1 sono nelle ultime due colonne. Dall’ultima – che riporta l’effetto della manovra su entrate e uscite – si vede infatti che il governo riduce le entrate totali per 0,6 punti di Pil, mentre le uscite rimangono invariate. La riduzione delle entrate è tuttavia il risultato del calo delle imposte indirette di 0,8 punti di Pil (15,7 miliardi) imputabile alla cancellazione delle clausole di salvaguardia (aumenti automatici di accise e Iva) che sarebbero entrate in vigore dal 2018. Uno scampato pericolo, non un taglio di tasse, dunque con limitato effetto espansivo. La “riduzione” delle imposte indirette è poi parzialmente compensata dall’aumento di entrate dirette (per 0,2 punti di Pil) derivanti da varie misure di lotta contro l’evasione, tra cui la rottamazione delle cartelle esattoriali, l’estensione della fatturazione elettronica tra privati, la riduzione del limite alla compensazione automatica dei crediti fiscali, oltre al rinvio di un anno dell’entrata in vigore dell’imposta sul reddito imprenditoriale.
Dal lato delle uscite, nel 2018 il rapporto tra spese totali e Pil dovrebbe calare rispetto al 2017 con la prosecuzione della spending review programmata in precedenza e con il calo delle spese per interessi sul debito (colonna 4). La manovra stanzia però anche risorse per incoraggiare l’occupazione e gli investimenti (rispetto al quadro esistente). Si incentiva l’assunzione di lavoratori sotto i 35 anni con contratti a tutele crescenti e si assumono 1.500 ricercatori nelle università. Aumentano anche i fondi per gli investimenti pubblici (+300 milioni, oltre ai 2 miliardi aggiuntivi già preventivati), la cui quota sul Pil rimarrà al 2,1 per cento. E si rinnovano gli schemi di incentivazione per gli investimenti in macchinari diversi dalle automobili, i cui acquisti non hanno bisogno di facilitazioni. A fini di equità, la manovra aumenta poi di 300 milioni le risorse per il reddito di inclusione (Rei) arrivando a 2 miliardi. Il +0,1 della spesa per i redditi della Pa rispecchia i fondi volti a coprire il – sempre rinviato – rinnovo dei contratti pubblici.
Nel complesso, come si legge nella tabella, la diminuzione del deficit 2018 sul 2017 arriverà da un calo di spesa (preventivato in precedenza) superiore alla riduzione delle entrate. Lo sforamento del deficit 2018 rispetto a quanto preventivato (1,6 anziché 1 per cento) sarà invece il risultato della riduzione delle entrate e della costanza della spesa in rapporto al Pil implicate dalla manovra. Se resisterà agli assalti alla diligenza in Parlamento, il governo Gentiloni porterà in dote al prossimo esecutivo una manovra di piccola entità, ma con il pregio di essere poco elettorale.
lavoce.info/Sorpresa: una manovrina non elettorale per il 2018 (Francesco Daveri)
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