Coronavirus e sicurezza sul lavoro: l’ignorare l’importanza dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) fa aumentare le vittime tra il personale sanitario e le forze dell’ordine.
L’importanza dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)
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’elenco delle vittime del coronavirus in Italia si allunga sempre più. E tra esse molte le persone che hanno perso la vita prodigandosi nell’aiutare gli altri: medici, infermieri, personale socio-sanitario, ma anche addetti alla vigilanza e rappresentanti delle forze dell’ordine.
Il Papa nel videomessaggio per la Settimana Santa, due giorni fa ha elogiato gli eroi che rischiano la propria vita per salvare quella degli altri, combattendo contro questo nemico invisibile,impegnati in prima linea negli ospedali ma anche sulle strade nei servizi essenziali di vigilanza e controllo.
“Ho presente – ha detto il Santo Padre – la generosità di chi si espone per la cura di questa pandemia o per garantire i servizi essenziali alla società. Quanti eroi, di tutti i giorni, di tutte le ore!”
Eroi, ma anche vittime sacrificali perché, come dimostrano i dati, sono gli operatori sanitari, con oltre 11mila contagiati (e purtroppo 80 medici e 25 infermieri morti alla data di ieri) la categoria più colpita. Un numero impressionante di casi, che rende ancora più drammatica la situazione di emergenza, costringendo alla chiusura temporanea alcune strutture per l’opportuna sanificazione.
La questione della sicurezza investe tutto il personale sanitario, i medici ospedalieri e di base, gli infermieri e il personale socio-sanitario nelle strutture pubbliche e private, ed è un problema dovuto alla mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), soprattutto mascherine (quelle chirurgiche o FFP2 e FFP3) ma anche guanti, protezioni anti schizzo, occhiali protettivi.
Dispositivi necessari per svolgere in sicurezza le normali attività di cura e assistenza: lavorare senza è come andare a combattere al fronte senza armi.
Con questa ed altre carenze stiamo pagando ora lo scotto dei tagli indiscriminati alla Sanità, iniziati da molti anni, che ne hanno falcidiato le risorse e che ora evidenziano i danni prodotti nella loro cruda e drammatica realtà.
Questa è la situazione denunciata a gran voce da Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti, Presidente e Vice Presidente dell’Ordine provinciale di Roma dei Medici e degli odontoiatri, ma anche dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI).
Particolarmente preoccupante, come ha dimostrato lo studio sull’evoluzione dell’epidemia a Vò Euganeo, è la presenza degli asintomatici, e il metodo finora usato di non fare il tampone ai medici e agli infermieri, a meno che non manifestino sintomi, è inadeguato, perché gli ospedali rischiano di diventare ad altissima pericolosità virale.
Così come le strutture residenziali per anziani, minori, disabili o persone con problemi di salute mentale e dipendenze, così come le carceri e i dormitori. È indispensabile che tutte le persone che operino o sono accolti in queste realtà possano aver accesso ai DPI.
Che dire poi dei rischi corsi dalle forze dell’ordine nell’esercizio delle loro funzioni? Tanti sarebbero i contagiati, come denuncia il presidente dell’Ansfo, l’Associazione nazionale dei sostenitori delle forze dell’ordine, Massimo Martini, ma il tampone per poliziotti e carabinieri nei casi a rischio non è obbligatorio.
Quello della scarsezza dei tamponi effettuati, in relazione al numero dei potenziali contagi, è un’altra nota dolente. Nella sola giornata di ieri sono morti a causa del Coronavirus, il carabiniere Raffaele Palestra Luogotenente al Nucleo investigativo di Salerno, 52 anni, e il sostituto commissario della Polizia di Stato Giorgio Guastamacchia, di Roma, 52 anni, senza patologie pregresse, che faceva parte della scorta del premier Giuseppe Conte. Tra i vigili urbani ieri è morto il Luogotenente Giuseppe Esposito, 65 anni, di Napoli.
Alcuni giorni fa il commissario Domenico Arcuri ha affermato che occorrono circa 90 milioni di mascherine chirurgiche al mese. Del resto anche il Decreto #CuraItalia, all’art. 5 Comma 5, autorizza una spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020, per i dispositivi di protezione individuale.
Inutile dire che la distribuzione di DPI rimane ancora fortemente insufficiente e disomogenea sul territorio nazionale, mettendo a rischio gli operatori, ma anche e soprattutto gli utenti.
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