Gioco delle tre campane. Sentenza pilota dal tribunale di Torino confermata in Cassazione: 13 condannati
span style="color: #ffffff;">Gioco delle tre campane.
“UNO, due, tre: la pallina dov’è?”. Chi si ferma incantato a guardare le abili mosse del “prestigiatore”, di certo prima o poi cascherà nella rete: verrà convinto a puntare 50 euro, intrattenuto da complici che fingono facili vincite, e alla fine se ne andrà a casa con il portafogli vuoto. Il trucco delle tre campanelle, sempre lo stesso, si ripete uguale da decenni e ovunque in Italia. La gente sa che è una truffa, eppure non resiste alla sfida di riuscire a trovare la piccola pallina di gommapiuma nei banchetti improvvisati sotto i portici o alla stazione. Ma a Torino, dove anni fa era stata arrestata una “banda” che riusciva a guadagnare anche 3000 euro al giorno, è stata emessa una sentenza pilota che ora è stata “cristallizzata” dalla Cassazione: quella delle tre campanelle è “un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa”.
Dietro al raggiro infatti c’è un gruppo di persone organizzate che agiscono in sinergia per abbindolare i passanti e portar via loro centinaia di euro. L’idea di contestare l’accusa di essere un’organizzazione era nata da un’indagine dei carabinieri coordinata dal pm Alessandro Sutera Sardo che aveva studiato le mosse della banda e arrestato tredici persone. Per tre mesi il gruppo di truffatori era stato filmato e si era scoperto così che ognuno aveva un ruolo preciso. Un’organizzazione tuttavia, la loro, particolare, senza un capo, senza gerarchie: “l’associazione non aveva alcuna struttura piramidale – scrivono i giudici – i diversi ruoli erano assegnati sul posto e sul momento e tutti erano sullo stesso piano». In particolare «c’erano i finti giocatori e i procacciatori di incauti passanti da invogliare al gioco”, “i “tenitori” del gioco a turno con gli altri», «le sentinelle con il compito di intervenire con la forza o con maniere energiche nei confronti di chi si rendeva conto di essere finito in un raggiro”. C’era anche chi faceva il “recupero crediti” accompagnando al bancomat la vittima rimasta senza soldi. Nel motivare le condanne a un anno di reclusione, i giudici della Suprema Corte (seconda sezione) avevano spiegato che gli imputati, difesi dagli avvocati Domenico Peila, Vincenzo Coluccio e Mauro Vergano, “facevano credere ai giocatori di poter ottenere facili guadagni attraverso singole puntate, ma poi distraendo le vittime toglievano la pallina dalla campanella dove era effetti-vamente nascosta e sulla quale erano stati puntati dei soldi, facendola poi riapparire sotto un’altra campanella diversa, ottenendo così un ingiusto profitto derivante dalle somme investite dai giocatori”. Le puntate variavano da 50 a 100 euro, e una donna era riuscita a perdere addirittura 720 euro in un quarto d’ora.
vivicentro.it/nord/cronaca – “Dietro il gioco delle tre campane un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa” SARAH MARTINENGH
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