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l Tavolo tecnico sulla sicurezza nutrizionale (TASiN), con il contributo delle Società scientifiche che si occupano di nutrizione, ha elaborato il documento Dieta iperproteica e dieta ipoglucidica: il punto tra suggestioni e realtà, allo scopo di definire elementi di indirizzo, e scongiurare comportamenti di “autoprescrizione di regimi dietetici “senza alcun controllo specialistico, in conseguenza della preoccupante diffusione, da parte dei mass media e del web, di indicazioni relative a diete iperproteiche ipoglucidiche ed eventualmente ipocaloriche, suggerite non solo allo scopo del controllo del peso ma anche per preservare lo stato di salute.
Tali indicazioni sono peraltro proposte senza alcun distinguo e senza dichiarare gli eventuali effetti collaterali, omettendo la necessità di una valutazione medica specialistica quale elemento necessario per la protezione dell’individuo.
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COSA È IMPORTANTE CHIARIRE
Rispetto al concetto di dieta iperproteica, è necessario precisare come vi siano varie tipologie di dieta a diversi livelli energetici con una quota proteica al di sopra dei livelli raccomandati. Regimi alimentari a diverso contenuto in proteine rispetto alle raccomandazioni LARN (8, / 8 / 9, 19) sono applicabili in vari contesti specifichi, sia di tipo fisiologico che patologico (basti pensare alle diete a più alto apporto proteico frequentemente assunte dagli atleti agonisti e alle diete ipo-proteiche necessarie nella gestione del paziente con insufficienza renale).
Vi è confusione, spesso sostenuta da un’informazione non scientifica, tra concetto di dieta iper proteica e dieta ipoglucidica.
Vi sono infatti protocolli alimentari nei quali una dieta iperproteica non è sempre necessariamente a ridotto contenuto di carboidrati, così come una dieta ipoglucidica non è necessariamente a maggior contenuto di proteine. Secondo le linee guida per una corretta alimentazione, elaborate dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), in un’alimentazione sana e bilanciata la percentuale di proteine deve aggirarsi intorno al 12-15% (0.8 e 1g/kg/die) delle chilocalorie introdotte quotidianamente. Il restante apporto dovrebbe derivare, per lo più, da carboidrati (45-60%) e, in secondo luogo, da grassi (25-35%).
Nelle diete iperproteiche questa ripartizione viene modificata e le protei[1]ne consumate raggiungono percentuali più elevate (8, 9). In un protocollo dietetico iperproteico l’apporto di proteine è per definizione ≥ 16% e può talora arrivare fino al 30% (mediamente si attesta tra il 25 e il 30%).
In condizioni normali il principale compito delle proteine è fornire aminoacidi per la costruzione e il rinnovamento dei tessuti, mentre una quota trascurabile interviene fisiologicamente nella produzione di energia. Tale funzione diventa, invece, prevalente durante il digiuno prolungato, l’attività fisica impegnativa di lunga durata e in tutte quelle situazioni in cui sono ridotti o addirittura eliminati i carboidrati (CHO) che rappresentano la fonte principale di energia. Stanti le raccomandazioni universalmente accordate che definiscono il fabbisogno proteico giornaliero per un individuo sano pari a 0,8 – 1 g di proteine/kg di peso corporeo al giorno, esiste la possibilità di formulare piani nutrizionali con caratteristiche diverse a seconda delle necessità del paziente (8, 9).
Si parla infatti di:
- diete iperproteiche “pure” normoglucidiche e normocaloriche (in cui viene potenziato solo l’apporto di amminoacidi/proteine) → Utilizzate negli sportivi atleti (principalmente agonisti), nei pazienti grandi ustionati, nei pazienti nefropatici con perdita di aminoacidi dall’emuntorio renale (sindrome nefrosica);
- diete iperproteiche ipoglucidiche ipocaloriche (LCD) → Utilizzate in pazienti in sovrappeso con o senza alterazione del metabolismo degli zuccheri (diabete mellito tipo 2/intolleranza glucidica ed insulino-resistenza);
- diete chetogeniche normocaloriche (KD): sono ipoglucidiche per definizione, e di fatto normoproteiche → Utilizzate in pazienti con disturbi neurologici (epilessie farmaco-resistenti, malattie neurodegenerative), pazienti normopeso con insulino-resistenza o diabete mellito tipo 2, pazienti con PCOS;
- diete chetogeniche ipocaloriche (VLCKD): sono a ridottissimo contenuto di CHO e normoproteiche → Utilizzate in pazienti obesi con sindrome metabolica con/senza alterazione del metabolismo glucidico, pazienti candidati alla chirurgia bariatrica, obesità con PCOS, ecc.
- diete iperproteiche ipoglucidiche iperlipidiche normocaloriche (dieta paleo, dieta ancestrale, dieta Atkins e simili) → Utilizzate sostanzialmente a scopo dimagrante, ma non uniformemente approvate dalla comunità scientifica.
Per approfondire l’argomento Consulta: Dieta iperproteica e dieta ipoglucidica: il punto tra successioni e realtà
Cristina Adriana Botis / Redazione
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