L’assalto di gruppo alle donne di Colonia è un atto tribale che si origina dall’implosione degli Stati arabi in Nordafrica e Medio Oriente. Il domino di disintegrazione di queste nazioni fa riemergere tribù e clan come elementi di aggregazione, esaltando forme primordiali di violenza. Regimi, governi ed eserciti si dissolvono e vengono sostituiti da capo-villaggio, assemblee tribali, milizie. Le tribù sono protagoniste del deserto dall’antichità e dai loro costumi ancestrali si originano il chador per le donne, la decapitazione dei nemici, la vendetta come proiezione di forza, il saccheggio per arricchirsi, la poligamia e il potere assoluto degli uomini sulle donne. Fino all’Impero Ottomano tale società tribale sopravvisse pressoché intatta nello spazio geografico fra Gibilterra ed Hormuz. Fu la Prima Guerra Mondiale ad arginarla grazie al colonnello britannico Thomas Edward Lawrence che raggiunse con i leader delle maggiori tribù l’intesa che portò alla nascita dei moderni Stati arabi. Da allora al 2011 tali nazioni, create dalle potenze coloniali e moltiplicatesi con la decolonizzazione, hanno dominato le tribù. Ma le leadership di tali Stati raramente sono riuscite a legittimarsi nelle rispettive popolazioni col risultato di innescare periodiche proteste, di origine diversa, che cinque anni fa hanno iniziato a travolgerli.
Determinando la scomparsa di Siria, Iraq, Libia e Yemen accompagnata da rivolte che minacciano l’esistenza di piccole nazioni come Libano, Giordania e Bahrein e anche l’integrità territoriale delle potenze regionali: Egitto, Turchia, Arabia Saudita, Iran. Il risultato è su più fronti: le guerre in Siria, Iraq e Yemen, la nascita di entità non-statuali come il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi, il dilagare del terrorismo jihadista come virus ideologico e soprattutto il riemergere della società tribale che il colonnello Lawrence, detto «d’Arabia», era riuscito a contenere. È il declino del nazionalismo arabo che spinge individui e famiglie a ritrovare nelle origini tribali la propria identità. È un processo di portata storica, che accelera, con conseguenze imprevedibili in Nordafrica e Medio Oriente. Gli Stati arabi-musulmani sono le prime vittime di questo processo: lacerati da un confronto interno fra modernità e tribalismo che è un conflitto di civiltà. L’Europa ne è investita a causa delle migrazioni di massa verso la sponda Nord del Mediterraneo. Fra chi arriva vi sono portatori di usi e costumi che si originano dalle lotte ataviche per pozzi d’acqua, donne e bestiame. Le conseguenze sono nelle cronache di questi giorni: dagli abusi di massa a Colonia al grido di «Allah hu-Akbar» per intimorire il prossimo a Brescia e Vignola. Non si tratta della maggioranza degli immigrati ma di una minoranza in grado di scuotere la sicurezza collettiva. Da qui la necessità di una rigida applicazione della legge, grazie ad un’intesa fra cittadini e forze dell’ordine, per difendere l’Europa dal ritorno delle tribù.
*lastampa
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