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n uomo pedala vicino alla raffineria al Sud di Teheran (ap)
La fine delle sanzioni all’Iran apre le porte a una nuova iniezione di greggio sul mercato, con l’effetto di portare il Brent fin sotto quota 28 dollari al barile: minimi da dodici anni. Seduta ancora in negativo per la Borsa di Tokyo, mentre i listini del Vecchio continente aprono poco mossi. Banca centrale cinese in campo per fermare le oscillazioni delle yuan. Wall Street resta chiusa.
MILANO – Il petrolio accelera la corsa al ribasso, dopo che le sanzioni verso l’Iran sono state ufficialmente rimosse: una normalizzazione dei rapporti internazionali che mette Teheran nelle condizioni di tornare a pompare altri barili di greggio in un mercato già di per sé saturo. Il ritorno di uno dei maggiori produttori di oro nero sulla scena internazionale, infatti, rischia di alimentare ancor di più quell’eccesso di domanda determinato dalla politica dell’Opec, che ha preferito difendere le sue quote di mercato a danno dei produttori Usa, piuttosto che stringere i rubinetti per tenere i prezzi un po’ più alti. Con questo timore, tanto il Brent che il Wti quotano ampiamente sotto 30 dollari al barile: nel primo caso si arriva a toccare un minimo sotto 28 dollari al barile, salvo poi risalire, a livelli mai raggiunti negli ultimi dodici anni. Nel caso del benchmark americano, la quotazione è intorno ai 29 dollari al barile.
Proprio l’andamento del greggio è uno dei parametri maggiormente osservati nelle sale operative, insieme alla Cina, in una giornata orfana degli operatori Usa: Wall Street rimane chiusa per clebrare il Martin Luther King jr. day. I listini europei aprono in cauto rialzo, nonostante la debolezza dell’Asia. A Milano, il Ftse Mib segna +0,03% in avvio. L’agenda macroeconomica è piuttosto scarica e si segnala solo il commercio estero italiano; evento-principe della settimana è la riunione della Bce. Londra sale dello 0,3%, Parigi è invariata e Francoforte aggiunge lo 0,1%.
Chiusura in calo, in mattinata, per la Borsa di Tokyo, che peraltro ha ridotto nel finale le perdite registrate in avvio di seduta. L’indice Nikkei ha chiuso gli scambi a 16.955 punti (-1,12%), livello minimo da settembre scorso, dopo avere aperto in calo del 2,8 per cento. Si tratta della nona seduta in perdita, su 10, dall’inizio dell’anno. L’indice Topix ha lasciato sul terreno l’1,04% a 1.387 punti. Sostenuti gli scambi, con 2,23 miliardi di azioni passate di mano. La produzione industriale giapponese, dato definitivo, a novembre ha registrato un calo dello 0,9% su base mensile rispetto al -1% della lettura preliminare. Ad ottobre si registrò un 1,4%, su base annua la crescita è dell’1,7%.
E’ andata meglio alla Borsa di Shanghai, con l’indice Composite che a recuperato leggermente a 2.913,84 punti (+0,44%); anche Shenzhen ha registrato un deciso rialzo (+1,58%). Diverso invece l’umore di Hong Kong, con l’indice Hang Seng in calo dell’1,45%. La Banca centrale cinese è attiva per ridurre la volatilità sui mercati valutari: ha annunciato che imporrà dei livelli di riserve sui depositi in yuan per le banche estere, modellandoli su quelli delle banche nazionali. La mossa, che segue la sospensione ad operare sul mercato dei cambi decisa a fine 2015 per alcuni colossi come Deutsche Bank o Standard, mira a bloccare fondi per oltre 30 miliardi di dollari e ridurre così la volatilità e le operazioni speculative.
L’euro tratta in ribasso. La moneta unica vale 1,0814 dollari, mentre venerdì – secondo le rilevazioni della Bce – veniva scambiata a 1,0914 sul biglietto verde. Rublo ai minimi dal dicembre 2014: la valuta europea è scambiata adesso a 85,85 sul rublo, mentre il biglietto verde è a 78,81 sulla moneta russa. Pesano, per l’economia russa, i tracolli dei prezzi energetici. Apertura poco mossa per lo spread fra Btp e Bund tedesco: il differenziale segna 101 punti contro i 100 della chiusura di venerdì. Il rendimento espresso è pari all’1,56%.
Come accennato, oggi Wall Street resta chiusa ma è reduce da un nuovo, forte, calo per la preoccupazione riguardante l’economia cinese. Gli ultimi 10 giorni di scambi sono stati i peggiori d’inizio anno in assoluto. Le turbolenze nei mercati finanziari alimentano le attese per un rialzo dei tassi graduale da parte della Federal Reserve, tanto che JP Morgan ha posticipato a giugno da marzo le stime per la prossima stretta. Il Dow Jones ha ceduto il 2,39%, scendendo sotto i 16.000 punti per la prima volta dallo scorso 29 settembre. Per l’indice benchmark S&P500 è stata la terza settimana di fila in calo, la striscia temporale più lunga dallo scorso luglio. Va sottolineato comunque un aspetto positivo: i minimi dell’agosto 2015 sono stati mantenuti.
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