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e si trattava di un esame di maturità, dispiace dirlo, ma il Napoli è stato quantomeno rimandato. Aggancio alla Roma fallito, nella giornata casalinga che sembrava perfetta. Quello che distingue le squadre di vertice dalle altre, è la capacità di comprendere appieno l’importanza di certe sfide, ìnfide sotto il profilo psicologico, più che dal punto di vista del gioco o dei valori in campo. Il Palermo, con il neo allenatore Lopez, è venuto al San Paolo con l’aura di vittima sacrificale. L’antipasto pomeridiano poi, aveva regalato un insperato quanto rocambolesco stop della Roma, vittima di una Sampdoria mai doma, che ha creduto fino in fondo al bottino pieno. All’opposto l’atteggiamento del Napoli, che dopo pochi minuti è già ad inseguire, colpa della gran zuccata di Ilija Nestorovski. Il colosso macedone non si fa pregare sul preciso cross dalla destra e infila Reina. Inutile dire che chi vuole aspirare al vertice non può pensare di prendere gol su distrazione, eppure sta capitando sistematicamente. Sta mancando molto la duttilità e la sicurezza dello statuario Koulibaly, ma questo non basta a giustificare certi atteggiamenti di sufficienza. A certi livelli gli errori si pagano caro. Infatti la squadra di Sarri si getta in avanti con rabbia, ma la sfortuna fa sì che il pallone si calamiti due volte sui sostegni della porta di Posavec, e più volte lo stesso estremo difensore rosanero compie autentici miracoli sulle sortite offensive dei partenopei. Le trame, solitamente fluide e veloci, soffrono stavolta delle imprecisioni ormai croniche di Jorginho, che sembra aver lasciato nello spogliatoio il piedino vellutato.

Il primo tempo si chiude in un batter d’occhio, con tanti tentativi e pochi risultati. La consueta sfuriata del Komandante Sarri non sortisce grandi effetti nei primi minuti della ripresa, eppure il Palermo cala vistosamente nei ritmi. Ci pensa il solito Mertens, con ottima collaborazione della dea bendata: stavolta il portiere avversario paga tutto in una volta la fortuna che lo aveva assistito fino a quel momento, e il pallone passa sotto i suoi piedi nella più disastrosa delle papere.  Ecco che lo stadio si infiamma, si crede possibile una rimonta che porterebbe tutto nello stato naturale delle cose. Il bello del calcio però, talvolta ha un retrogusto amaro; a nulla servono i cambi nei ruoli chiave, né la palese arrendevolezza dei rosanero, ormai allo stremo. L’ultima occasione la brucia Insigne, a due passi dalla porta mette a lato, quando tutto lo stadio aveva già gridato al gol. Questione di centimetri, ma anche di testa: sarebbe il momento di smettere di pensare alla pur affascinante sfida di Champions, che si avvicina a grandi falcate. Qui c’è un campionato da portare a termine, una posizione da consolidare, un secondo posto da agguantare. E’ tempo di diventare grandi.

a cura di Fabiano Malacario

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