I
l Napoli entra d’impeto. Le vittorie di Juve e Roma caricano di responsabilità. Reagisce bene, applicando il sistema Sarri: non cede mai la palla, la gestisce guardandosi troppo allo specchio, con la vanità di chi sa attaccare in velocità. Ritmo e geometria, scatti e triangoli, scambi di posto e stop eleganti. L’incubo del Palermo dura mezz’ora, si lascia schiacciare, ma appena possibile trova in due scintille il coraggio per risollevarsi. Un contropiede di Vasquez accanto a Gilardino, subito dopo un disimpegno forbito di Struna: due attimi di luce, e passa dal terrore alla ragione. Si sarà chiesto il Palermo, già sotto di un gol per un rigore, perché mai dovesse sdraiarsi sotto la pressione di un Napoli dilagante ma autoreferenziale. Il primo tempo del Napoli è un esercizio estetico. Come se a Palermo fosse per insegnare calcio piuttosto che vincere. La coreografia dei movimenti solleva i primi dubbi: si può comandare la partita con quest’aggressione ossessiva ed essere in vantaggio solo grazie ad un rigore discusso, anche se magistrale di Higuain? Nella lussuosa confusione si disperdono Insigne e Hamsik, appannato dall’influenza. Al contrario emerge Jorginho,seguito a sinistra da Ghoulam e a destra da Allan e Callejon. Un tempo è sufficiente a Novellino per correggere il corso. Nella ripresa riordina il Palermo nel suo modulo preferito. Il 4-4-2, rieccolo, dopo aver ipotizzando un incerto 4-3-3, con l’ossidato Gilardino punta centrale, il creativo Vasquez di scorta a sinistra, più defilato ma pronto al sacrificio Quaison. Vasquez rimane, ma Novellino gli affianca un intrigante Djurdjevic, ordinando a Gilardino di correre subito a Mondello, in attesa delle brezze marine di primavera. Visto e bocciato, ormai. Si affida ora Novellino, l’indio di Montemarano, ad una difesa solida: Struna non soccombe mai a Insigne, i centrali Gonzalo e Andelkovic reggono contro l’ondivago e isolato Higuain. Pezzella sale di tono e non teme più Callejon, che Sarri deve ritirare. Prende quota anche Chochev. Sembra un Palermo diverso, più audace e insidioso, ha può cuore e più idee. Il 4-4-2 diventa nei picchi offensivi 4-1-4-1, con Vasquez vertice. Ma un’ora è abbastanza per suggerire cambi: a sinistra appare finalmente Mertens, il Napoli sposta senza speranze Insigne a destra, sottrae alle sue malinconie Hamsik inserendo David Lopez, che produce un effetto: allevia la fatica del centrocampo e della vigile coppia Albiol-Koulibaly, rafforza anche lo strapotere di Jorginho. Nella sobrietà, dopo gli eccessi retorici del primo tempo, il Napoli rimarca la sua superiorità. Nel finale entra da protagonista Sarri, imponendo la sua razionalità. Sa che deve solo vincere. Prende atto della migliore forma di Mertens a sinistra, della fase calante a destra sia di Callejon che di Insigne, li cambia uno dopo l’altro. Sarà El Kaddouri a bloccare gli spifferi che arrivano da quella parte. Come mimare un atteggiamento offensivo, in realtà il Napoli controlla tutto. Dà un giro di chiave alla vittoria. Si può discutere il rigore, l’usura di qualche elemento cardine, ma non meriti e superiorità del collettivo. Per avvicinarsi alla Juve, riesce anche ad imitarla nelle vittorie più astute. Come questa.
Antonio Corbo-La Repubblica
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