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Castellammare di Stabia

Corbo: “Non solo Jorginho, la gara di ieri ha certificato la crisi di altri due”

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Antonio Corbo-La Repubblica

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a stagione di Sarri ricomincia al secondo gol del Besiktas. C’è un dato che certifica la crisi in quel momento: è l’ottavo in 238 minuti. Arriverà anche il nono. Il camerunense Vincent Aboubakar taglia pazzo di felicità il campo, neanche crede di aver mandato giù il Napoli, la squadra lanciata verso un record storico in Champions, con una precoce qualificazione. Né immagina che il destino gli riserva il secondo, l’impresa. Sarri si copre il volto con le sue manone, l’errore di Jorginho straccia le sue ostinate certezze, ma come ha fatto a confermare Jorginho da oltre in mese sfocato come una foto scattata male e da lontano? Sarri è costretto a decidere. Deve far qualcosa. Ma la sua prima scelta è quella prevista: attende che che si inizi la ripresa. Niente gli fa cambiare idea: né l’insopportabile gol di Aboubakar né cori ostili verso Jorginho, metà del pubblico che invoca Diawara. Che non sia una serata di buone stelle lo dimostra Insigne, quando sbaglia il rigore del possibile 2-2, provocato dalla goffa uscita del portiere Fabricio Agosto Ramirez, già complice del primo gol del Napoli… Fabricio detto “Fabri”è un farfallone che in Spagna non trova lavoro, riparato in Turchia combatte per la vita, è maldestro quando spinge l’astuto Mertens, offrendogli un comodo rigore. Non è facile per Sarri prendere altre decisioni. Ha già esaurito il suo coraggio lasciando fuori Gabbiadini, Hysay e (sbagliando) anche Allan. Ha escluso per Chiriches anche Maksimovic, evidentemente bocciato dopo la sconfitta con la Roma. Il caparbio artigiano toscano sa che il pubblico non gli perdona un Napoli sfiorito e con tanti acquisti murati in panchina. Ancora più complicato per lui spiegare il calo di tensione e forma che svilisce Insigne, rimasto a sua volta incagliato nella farsesca trattativa per il nuovo contratto, girano voci di richieste impossibili da parte della task force dei suoi procuratori. Improrogabile la sostituzione di Insigne che ha ormai abbandonato la fascia sinistra da tempo, per accentrarsi in una posizione velleitaria di rifinitore incompreso. Una scelta che priva il Napoli di quella prerogativa che provocò il passaggio al 4-3-3: l’ampiezza. Si parla di Milik assente, ma quanto manca il vero Insigne all’attacco, dove ha nascosto il suo talento il giovane fantasista? Pensava, il sognatore, che per imitare Messi bastava cambiare shampo e tingere i capelli in biondo platino. Proprio per aiutare Insigne a riprendersi, è inevitabile l’inserimento di Gabbiadini per ribaltare la partita. Più che il bomber triste incide sulla partita l’arbitro russo Karasev, che concede il secondo rigore, riderà pure l’allenatore Gunes, risata amarissima, ma non infondata, anche stavolta su Mertens. Tocca poi a Gabbiadini con una freddezza che lo riabilita nel momento cruciale della gara, che lo libera dei suoi incubi, che gli fa dimenticare gli impietosi fischi di sabato scorso. A Sarri sembra il momento giusto per escludere Jorginho: gli apre la classica e malinconica “uscita artisti”, quando gli attori non protagonisti esclusi dal finale possono lasciare il teatro, ingoiati dal buio, un po’ dimessi e non visti dalla platea. A Gabbiadini per fuorigioco è negato anche il raddoppio in acrobazia, Mertens intanto prosegue ai suoi ritmi, il suo trotto orgoglioso smaschera i limiti del Besiktas, che non si rassegna però, reagisce con qualche ripartenza. Con lui Zielinski non molla mai, non è così per Hamsik marcato stretto da Tolgay Arslan, in una partita che certifica la crisi del capitano e di una squadra che precipita da facili illusioni, toccando terra fino a sfasciarsi. Se crisi c’è, tra i motivi non si può escludere il disagio atletico. Ma perché Mertens corre più di tutti e gli altri sbandano?


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