Antonio Corbo per La Repubblica
Il calcio italiano scopre solo ora che è in corso una rivoluzione. La segnala ancora una volta Milano, accogliendo il sempre torvo Bonucci in isterica fuga da Torino. L’altra è quella del 1986. Sono passati 31 anni da quella sera del 26 marzo, quando Silvio Berlusconi scelse la cornice di un teatro, il Manzoni, per rilevare la presidenza del Milan e l’elicottero per apparire il giorno dopo ai giocatori schierati a Milanello con il naso all’insù, sulle note di “Apocalypse Now”. Si aprì una gestione faraonica nel Milan, abbandonato da Giussy Farina, latitante in Sudafrica. Berlusconi non era ancora in politica, sarebbe diventato presto “il dottor cento miliardi”. L’uomo degli scudetti. Il Napoli ebbe poco tempo per vincere primo e secondo scudetto, si illuse di competere con la nuova potenza del calcio europeo, ma presto si sarebbe bloccato il suo motore sovralimentato. Troppo alte le spese. Un errore perdonabile al presidente-tifoso Corrado Ferlaino. Errore che non sarà ripetuto dal presidente- imprenditore Aurelio de Laurentiis. Il Napoli non è stato né sarà travolto dal ciclone cinese.
Ora è ancora Milano a elevare i livelli di investimenti e rischi. Comincia l’Inter pagando 45 milioni a Joao Mario, se non è una follia questa. Ci si mette il Milan reinventando la squadra. Dopo i 6 milioni di ingaggio a Donnarumma e il settimo perché «tutti abbiamo un fratello», ecco arrivare: Musacchio, Ricardo Rodriguez, Conti, Kessié, Calhanoglu, André Silva. Non esita ora a concedere asilo e un vagone di soldi a Bonucci, 40 milioni in quattro anni. Tutto questo avviene in serie A, che dalla prima elezione di Tavecchio presidente (2014) corre verso i due miliardi di deficit, con l’opaca finanza orientale che si espande nello sfacelo finanziario del campionato, con l’insidioso betting che offre sponsor. L’addio di Moratti ne porta uno anche sulla maglia dell’Inter. È anche questo il segno di una rivoluzione purtroppo trascurata. Ma il Napoli che fa? Si è come isolato nei suoi sogni. Ha scelto un luogo della fantasia, un pianeta lontano dove convivono una società attendista sul mercato e tifosi ormai certi di spodestare la Juve. L’ottimismo dell’ambiente non è eccessivo, ma precoce. Siamo solo a luglio. E nessuno può giurare sulla fedeltà della Var. Il Napoli è stato il primo club a lanciare l’allarme.
L’euforia si giustifica, però, con le dichiarazioni dei giocatori. Parlano dello scudetto come di un evento scontato. A sostenere le loro certezze c’è la promessa di un grande impegno, ma anche il successo dell’ultima primavera, il miglior gioco del campionato espresso dal Napoli di Sarri. Sul gioco e sull’allenatore sta puntando tutto il Napoli. Si spiega la bassa febbre sul mercato. L’esemplare gestione, la distanza dalla crisi che invade il calcio, le promesse di scudetto lasciavano però pensare a qualche colpo. Magari per rafforzare le corsie esterne con fisicità ed esperienza. Arrivano Mario Rui e Ounas, una buona alternativa per Ghoulam e un giovane promettente. Se sono sicuri gli scudetti del bel gioco e del bilancio, si spera bastino per l’altro, quello che tutti aspettano.
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