Con l’entrata in vigore della legge delega n. 57/2016 e del d.lgs. n. 116/2017 le figure dei giudici di pace e dei giudici onorari di Tribunale sono stati sostituiti dall’unica figura dei giudici onorari di pace (cosiddetti G.o.p.). Permane, nel settore requirente, la figura dei Vice procuratori onorari. La Giustizia Italiana si regge infatti sul lavoro quasi gratuito di circa 5500 Giudici onorari di pace.
Il citato decreto legislativo n. 116/2017 realizza uno statuto unico della magistratura onoraria. Più precisamente, l’art. 1 dello schema individua due figure di magistrato onorario, l’una di natura giudicante e l’altra di natura requirente: il giudice onorario di pace ed il vice procuratore onorario. Possono essere avvocati, notai, insegnanti di materie giudiridiche all’università, direttore amministrativo presso cancellerie e segreterie giudiziarie, aventi dottorato di ricerca in materie giuridiche, avere insegnato materie giuridiche negli istituti superiori statali.
Tra l’altro il medesimo comma 3 dell’art. 1 del d.lgs sopra menzionato, precisa che, “al fine di assicurare tale compatibilità, a ciascun magistrato onorario non può essere richiesto un impegno superiore a due giorni a settimana”. Cioè come se per analizzare e trattare un procedimento, un processo o un giudizio, non occorra un tempo umano e non significhi pure acquisire atti, dichiarazioni, prove, dimostrazioni, perizie, repliche e soprattutto doversi leggere i faldoni, gli atti, i documenti ecc. con indispensabile oggettività e serenità, dovendo decidere dell’esistenza, dei diritti, dei doveri, della verità o menzogne altrui.
Il d.lgs. in questione, in attuazione ai criteri direttivi contenuti nell’art. 2, comma 13, della legge delega prevede tra l’altro, come remunerazione per i giudici onorari di pace, la corresponsione, con cadenza trimestrale, di “un’indennità annuale lorda in misura fissa, pari ad euro 16.140,00, comprensiva degli oneri previdenziali ed assistenziali” (art. 23, comma 2). In aggiunta a tale indennità fissa vi è poi una quota variabile, che “può essere riconosciuta in misura non inferiore al quindici per cento e non superiore al trenta per cento dell’indennità fissa”.
Sia per i giudici onorari sia per i vice procuratori onorari si prevede anche un costante aggiornamento professionale, che si sostanzia nella partecipazione obbligatoria tanto alle riunioni periodiche indette dall’ufficio di appartenenza, con la presenza anche dei giudici professionali, quanto nella frequentazione, “con cadenza almeno semestrale”, ai corsi di formazione organizzati, anche a livello decentrato, dalla Scuola superiore della magistratura.
Insomma, sembra che lo Stato italiano nella Giustizia abbia rivestito i panni del caporalato per assoldare dei braccianti della Giustizia. Tanto che di recente c’è stato in merito un eloquente servizio di Report in cui non solo sono stati intervistati diversi magistrati onorari, ma anche un Consigliere del Consiglio di Stato, il Presidente dell’VIII Commissione del CSM, il Procuratore della Repubblica Dr. Armando Spataro, il Presidente del Comitato europeo dei diritti e delle uguaglianze sociali e tutti “hanno ribadito l’importanza della magistratura onoraria e di pace e l’opportunità di un mantenimento in servizio” alla stregua della Legge 18 maggio 1974, n. 217 (sistemazione giuridico-economica dei vice pretori onorari incaricati di funzioni giudiziarie ai sensi del secondo comma dell’articolo 32 dell’ordinamento giudiziario).
Senza entrare troppo in argomenti tecnici che necessiterebbero dell’indispensabile conoscenza giuridica, si rammenta tuttavia che la Corte Costituzionale con sentenza n. 186/2017 applicandolo la sentenza “Mascolo” della Corte di Giustizia europea del 26 novembre 2014 sui precari della scuola come “ius superveniens” (successione delle leggi nel tempo, per indicare una norma nuova, cioè “sopravvenuta” dopo l’instaurazione di un dato rapporto giuridico) ha precisato che l’unica misura idonea a rimuovere definitivamente le conseguenze illecite dell’abusivo ricorso ai contratti a tempo determinato nel pubblico impiego è la stabilizzazione a tempo indeterminato dei rapporti precari. La norma dovrebbe valere per tutti i lavoratori senza discriminazione.
Eppure mentre i giudici onorari di pace e i vice procuratori onorari sono costantemente sottoposti da oltre venti anni alle valutazioni periodiche di professionalità, continua loro a spettare soltanto la conservazione del posto di lavoro “volontario”, senza assistenza e previdenza, modalità confermata dalla dalla Corte di Cassazione a SS.UU. con sentenza del 31 maggio 2017 n. 13721, in cui ha definito il magistrato di pace un “volontario” e, quindi, non meritevole di tutele costituzionali.
Sennonché un’altra sentenza della Suprema Corte n. 28937/2017 ha anche statuito che i giudici onorari e i magistrati togati hanno uguali poteri. Perciò i primi possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza, a meno che non vi sia un espresso divieto di legge in tal senso. Così si è pronunciata la Cassazione sancendo l’uguaglianza tra i giudici onorari e i magistrati togati.
E lo lo Stato italiano ha talmente bisogno di questi professionisti “volontari” che di recente ha indetto un bando per la nomina presso le 26 Corti d’Appello di 400 posti nella magistratura onoraria – di cui 300 per giudice di pace e 100 per vice procuratore onorario – pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2018.
Per chi passerà la selezione per titoli è previsto un tirocinio di 6 mesi e un corso formativo non inferiore alle 30 ore.
L’emolumento mensile è fissato in circa 700 euro netti, per due udienze settimanali. Ciò per evitare che il magistrato onorario sia una professione a titolo “esclusivo” ma temporanea e compatibile con lo svolgimento di altre attività lavorative.
Tali magistrati onorari possono infatti contemporaneamente svolgere altre attività professionali, come ora chiarito dal comma 3 dell’art. 1 del d.lgs. n. 116 del 13 luglio 2017, che, in attuazione della legge delega n. 57 del 28 aprile 2016, ha completamente ridefinito e modellato lo statuto della magistratura onoraria
Pertanto nessuna indennità è quindi prevista in caso di malattia o maternità. Lo stesso dicasi per i contributi pensionistici, a carico dell’interessato. Per chi verrà ammesso, nelle intenzioni del legislatore, la possibilità però di un accrescimento professionale derivante dall’esercizio della giurisdizione per almeno quattro anni a fianco dei magistrati ‘ veri’.
C’è dunque oggettivamente da chiedersi quale serenità e anche indipendenza possano avere queste, innanzitutto persone e poi professionisti e quindi magistrati onorari, nello svolgimento di un lavoro che di certo è tra i più difficili quando eseguito con onestà intellettuale e dedizione sociale, poiché non si dimentichi che le decisioni dei giudici sono efficaci ed esecutive e possono anche stravolgere l’esistenza di chi è soccombente o condannato.
Peraltro nella pagina del Consiglio Superiore della Magistratura si legge: “I magistrati onorari, ai sensi dell’art. 4 r.d. n. 12 del 1941, appartengono all’ordine giudiziario, al pari dei magistrati professionali (c.d. “togati”). Per tale ultima ragione, è necessario che anche ai magistrati onorari siano garantite autonomia, indipendenza interna ed esterna nonché imparzialità nell’esercizio delle funzioni. Ne discende che la competenza per i provvedimenti inerenti tali figure (nomine, trasferimenti, conferme, sanzioni disciplinari) è del Consiglio superiore della magistratura, cui la Costituzione assegna il compito di assicurare il rispetto delle essenziali garanzie dei magistrati”.
Salvo poi richiamare i diversificanti concreti effetti della legge sopracitata n. 57 del 28 aprile 2016 del Ministro della Giustizia Orlando e successive modificazioni e integrazioni di cui sopra si è redatta una sintesi.
Mortificare così una categoria di professionisti e soprattutto nella Giustizia, non può che giovare solo a chi o coloro che nel “crepuscolo” usano quest’ultima, avendone il diritto o la disponibilità, come una forzosa “lupara” per imperare sullo Stato e sulla società, asservendo la democrazia ai propri interessi e potere.
Il prossimo Governo dovrà di certo occuparsi di questa annosa condizione precaria dei Giudici onorari di Pace e dei Vice Procuratori onorari. E avrei al riguardo un suggerimento per il nuovo Primo Ministro allorquando nominerà il Ministro della Giustizia. Di cercarlo tra gli avvocati (uomo o donna) che abbiano una riconosciuta preparazione giuridica e indipendenza intellettuale, nonché esperienza decennale in trincea giudiziaria. La Giustizia è infatti il nucleo di una società evoluta, civile, occidentale e moderna, la cui mal funzionalità compromette tutto il resto del sistema pubblico, privato e dell’intera società, favorendo infiltrazioni di arroganza, dispotismo, faccendieri, intermediari, corruzione, criminalità, mafie, degenerazione etica e regressione culturale.
A
dduso Sebastiano
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