Juve Stabia, settore giovanile: un’occasione persa per stare in silenzio
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ino ad oggi c’è sempre stato silenzio e ci auguravamo che questo silenzio continuasse dopo le brutte accuse mosse nei nostri riguardi alcuni mesi fa. Purtroppo ci ritroviamo ancora una volta a dover rispondere ad accuse infondate e prive di senso. Forse il lume della ragione è andato perduto. Come al solito si è persa ancora una volta l’occasione per fare silenzio, magari pensare a ciò che è più importante per guidare un settore giovanile e un’altra società di calcio. Ancora una volta si cerca di sminuire, dopo offese piovute senza motivo, la nostra professionalità.
Noi non abbiamo mai utilizzato i giovani e le loro famiglie per raggiungere scopi personali e credibilità, anzi abbiamo provato in tutti i modi a dare una enorme visibilità all’intero settore giovanile; visibilità che non aveva mai avuto, a causa della totale assenza di interessi da parte dei colleghi locali e nazionali. Il nostro lavoro ha dato modo a club importanti di visionare e prendere notizie su giovani calciatori della Juve Stabia che, altrimenti, sarebbero rimasti nell’anonimato.
La qualità del nostro lavoro è testimoniata dall’affetto e dalla stima che le Vespette e le loro famiglie ci hanno mostrato in questi due mesi, cioè in questo brutto periodo fatto di assenza di riconoscenza. In questo anno e mezzo abbiamo sacrificato per il bene di un progetto la nostra vita privata, abbiamo investito capitali e utilizzato le nostre costose attrezzature (che nessuno ci ha regalato) ricevendo al termine dell’anno nessuna gratitudine. Non abbiamo mai preteso una ricompensa economica (che comunque non ci è stata mai data) per il lavoro come ufficio stampa del settore giovanile (sul nostro sito ci sono le prove dei tanti comunicati ufficiali che abbiamo elaborato). Ora che i rapporti si sono incrinati ci definiscono semplici “cronisti”, ma è possibile affidare un ruolo così importante e delicato quale quello di scrivere dei comunicati a dei semplici cronisti? O è più corretto pensare che mossi dalla rabbia ora non ci considerino più giornalisti?
La nostra qualifica invece è certificata da professionisti, da un’iscrizione ad un albo e da anni di gavetta e duro lavoro che ci hanno permesso di entrare a far parte dell’Unione Sportiva Stampa Italiana; solo da questi professionisti possiamo accettare commenti e valutazione sul nostro grado di preparazione, il resto lo consideriamo soltanto chiacchiere da bar.
La nostra umiltà, semplicità e disponibilità è riconosciuta da tanti e peccato per chi si sia prestato a rendere pubblico un messaggio che va a screditare il lavoro altrui.
Il nostro videomessaggio, di venerdì sera (1 settembre), ha avuto l’intento di soddisfare le richieste di genitori e ragazzi che ci chiedevano il motivo della nostra assenza dai campi di allenamento. Messaggio che avremmo voluto fare prima del 7 agosto (giorno di inizio dell’attività del settore) ma che abbiamo tardato a fare aspettando un incontro di chiarimento che mai ci è stato proposto. Un passaggio del nostro videomessaggio era: “Riportate bene quello che è stato detto questa sera, visto che c’è un video”, ma ancora una volta ciò non è stato fatto, in quanto c’è qualcuno che ha interessi personali in questa storia, che ha la voglia di potersi fregiare di titoli finti che fino a pochi giorni fa dichiarava di non volere assumere; titoli che lasciano il tempo che trovano. Si possono anche imporre silenzi, preannunciare eventuali allontanamenti, ma la stima e i rapporti personali non si possono cancellare. Il tempo è galantuomo e alla fine dirà sempre la verità, verità che conosciamo bene tutti. Beato chi è andato, peccato per chi è rimasto! A questo punto la porta che avevamo lasciato semichiusa (nella speranza di trovare una soluzione), si chiude definitivamente per questa gestione, con un grosso in bocca al lupo ai ragazzi e ai loro mister, a preparatori e dottori. Con la speranza di un futuro migliore per tutti loro…
In conclusione ci sembra assurdo che ora, per accusare e screditare noi, vengano usati termini come ‘prezzolati’ e giullari quando le stesse persone qualche tempo fa, ci chiedevano di scrivere articoli con un taglio decisamente accusatorio verso altri. La nostra libertà di pensiero e autonomia, anche se non condivisa, non può essere messa in dubbio, in particolare da chi si dovrebbe preoccupare di altro e non della gestione del nostro quotidiano.
di Mario Vollono, vice direttore di ViViCentro.it, e di Ciro Novellino, caporedattore