- Gli operatori specializzati e nativi digitali presentano ROE>20% e P/B>4x
- I modelli ibridi (online-offline) risultano vincenti nel nuovo contesto competitivo
- La “micro” prospettiva resta cruciale: è possibile individuare top performer trasversalmente tra i vari modelli di business
Oggi banche e assicurazioni tradizionali rappresentano una parte del più ampio mercato italiano dei financial services, sempre più diversificato con attori che registrano tassi di crescita e marginalità a doppia cifra.
Negli ultimi 10 anni banche e assicurazioni tradizionali hanno subito – a livello aggregato – una significativa riduzione della loro redditività (rispettivamente ROE dal 9,5% al 5,6% e dal 12,5% al 6,9%). Ora stanno gestendo articolati percorsi di trasformazione e revisione dei modelli di business, nella costante ricerca dell’eccellenza operativa e pur dovendo gestire ancora uno stock consistente di crediti deteriorati.
Viceversa, nuovi operatori con una forte specializzazione e modelli operativi innovativi – che abbiamo per la prima volta in Italia sgranato in 5 macro-gruppi – hanno conquistato un ruolo rilevante attirando investitori industriali e finanziari (italiani e stranieri) grazie a ROE a doppia cifra e valorizzazione sul book value ampiamente superiore a 1x.
Francesco Legrenzi, Partner e Head of Financial Services Italia per PwC-Strategy& ha commentato: “Dallo studio sul mercato italiano dei Financial Services appena terminato – che ricordo ha analizzato l’andamento di oltre 80 tra banche, assicurazioni e altri soggetti non necessariamente regolati operanti in Italia nel settore dei Financial Services – emergono nitidamente due ulteriori considerazioni:
- La “micro” prospettiva resta cruciale: i top performer esistono trasversalmente ai diversi modelli di business, anche tra quelli dove mediamente si osservano livelli di redditività contenuti e/o multipli di Borsa penalizzanti rispetto al book value
- I modelli ibridi (offline-online) risultano sempre più vincenti nel nuovo contesto competitivo, ovvero modelli basati sulla completa integrazione dei canali”.
Sono queste alcune evidenze dello studio pubblicato da Strategy&, strategy house di PwC, dal titolo: “The Italian Financial Services market competitive arena. How to get high returns in Financial Services”, che ha analizzato l’andamento di oltre 80 tra banche, assicurazioni e altri soggetti non necessariamente regolati operanti in Italia nel settore dei Financial Services.
Il mercato italiano dei Financial Services presenta alcune peculiarità rispetto a quello europeo:
- minor accesso al credito sia da parte dei privati (crediti verso privati in termini di incidenza sul PIL attorno al 41% rispetto al 52% della media europea) che delle imprese (incidenza sul PIL del 58% rispetto al 75% della media europea)
- maggiore incidenza dei crediti deteriorati sullo stock totale di crediti (7,9% vs 3,0% della media europea)
- maggior ricchezza finanziaria delle famiglie (asset finanziari che sul PIL valgono il 254% rispetto al 225% della media europea)
- maggior penetrazione delle polizze vita (Premi/PIL 6% vs 4%) a fronte di una minore penetrazione per le polizze danni (1,7% vs 2,3%).
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’effetto combinato di fattori quali il costo del rischio, il rallentamento del margine d’interesse, i nuovi competitors, e le regolamentazioni stringenti ha messo sotto pressione il modello di banca tradizionale. Se guardiamo ai gruppi bancari generalisti italiani, si osservano livelli di redditività contenuti e lontani da quelli del 2007 (ROTE inferiore al 6%), e soprattutto multipli di Borsa fortemente penalizzanti rispetto al book value (price to tangible book value pari a 0,3 x a giugno 2019), ovvero il segnale di aspettative ancora deboli da parte degli investitori.
Anche le assicurazioni hanno sofferto negli ultimi dieci anni, con una riduzione del ROE di settore dal 12,5% al 6,9%.
Si stanno, invece, affermando player specializzati che operano nel wealth & asset management o nei segmenti ad alto rendimento e/o a basso rischio del credito specializzato, con modelli di distribuzione basati su canali alternativi e modelli operativi flessibili. Questi operatori mostrano risultati di redditività robusti (ROE/ ROTE > 14%), e una migliore valorizzazione del mercato rispetto alle banche tradizionali (P/TB vicino all’unità per asset manager e specialty finance players; superiore a 4x per i financial advisor).
C’è, inoltre, grande fermento nel mondo “differentemente regolato”[1] che ruota attorno ai financial services: efficaci canali alternativi di business originator, specialisti di servizi di pagamento e fornitori di servizi per banche e assicurazioni, che hanno sfruttato il canale online e le crescenti esternalizzazioni favorite da un modello di banca/ assicurazione sempre più leggera e focalizzata sulla gestione dei processi core e hanno conseguito ROE superiori al 20% e P/B superiore a 4x.
L’ulteriore novità sono, infine, le banche native digitali (in alcuni casi con modelli ibridi) che si presentano al mercato come piattaforme aperte che danno ai loro clienti la possibilità di accedere a prodotti di terzi. Tali operatori, sebbene ancora in start-up (ROE negativi) hanno ricevuto valorizzazioni molto importanti dal mercato.
Se guardiamo agli ultimi anni e in particolare alle differenze riscontrate nel periodo 2017-2018, i trend suggeriscono una forte accelerazione dei player specialistici.
La “micro” prospettiva resta però cruciale: i top performer possono essere trovati trasversalmente tra i vari segmenti, anche tra quelli apparentemente meno attrattivi dove mediamente si osservano livelli di redditività contenuti e/o multipli di Borsa penalizzanti rispetto al book value.
I modelli ibridi (offline-online) risultano essere vincenti nel nuovo contesto competitivo, ovvero modelli basati sulla piena integrazione dei canali: l’offline affiancato all’online per ridurre la distanza con i clienti, arricchirne la customer experience e gestire in tempo reale dati e informazioni. Vuol dire, quindi, da un lato portare forme di consulenza evoluta su mobile e, dall’altro, accelerare la trasformazione tecnologica dei “negozi” e delle reti tradizionali e, soprattutto, promuovere l’utilizzo della tecnologia digitale in ogni punto di contatto per raccogliere dati, profilare e servire meglio il cliente.
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