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Castellammare di Stabia

Ci sono cinque similitudini con l’anno del secondo scudetto

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a squadra di Sarri come quella di Bigon, entrambe con un leader argentino. Da Maradona ad Higuain il passo è breve. Pare essere cambiato poco o nulla, a parte l’avversario per il titolo. Allora il Milan, adesso la Juve. Il Napoli del secondo scudetto perse male lo scontro diretto (3-0 a San Siro l’11 febbraio ‘90), questo Napoli si è dovuto inchinare alla Vecchia Signora solo per una deviazione fortuita arrivata soltanto nel finale di gara il 13 febbraio. Ventisei anni dopo la storia sembra ripetersi. Gli azzurri allora correvano da lepri, oggi rincorrono da inseguitori. Bigon sfidò nelle ultime dieci gare Roma ed Inter, le due avversarie che Sarri teme di più in questo rush finale di stagione. Il Milan di Sacchi perse a Verona alla penultima giornata, stavolta la Juventus è attesa al Bentegodi a tre turni dalla fine. Corsi e ricorsi storici di cui inevitabilmente a Napoli si tiene conto, visto che da queste parti la scaramanzia ha un valore. La passione con la quale la città sta accompagnando la squadra è la stessa dei tempi d’oro (anche domenica a Palermo il settore ospiti sarà pieno). Al San Paolo è cambiata solo la colonna sonora (dal «porompompero» a «un giorno all’improvviso»). Certo, nel 1990 lo stadio appena ristrutturato era un gioiello. Oggi è rimasto esattamente com’era e quindi è diventato un rudere da ristrutturare. Il fortino è comunque inespugnabile. Nell’anno del secondo scudetto il Napoli non perse mai in casa, fin qui l’imbattibilità interna ha resistito pure in questo campionato. Ferlaino si accomodava dietro una porta e vedeva solo metà partita, De Laurentiis siede comodo in tribuna. Caratteri diversi, modi opposti di gestire il club. Entrambi a modo loro vincenti, ma la differenza (per adesso) è tutta in quel triangolino tricolore. Lo riferisce La Gazzetta dello Sport.

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