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uone notizie per chi affronta il dramma della chemioterapia: i capelli sono salvi. Grazie ad una apparecchiatura elettromedicale che somiglia molto ad un casco da parrucchiera. Alcuni organi di stampa ne parlano in questi giorni come se fosse una acquisizione recente da parte di un ospedale torinese. In effetti già da anni questa singolare apparecchiatura viene usata in Italia nei reparti di oncologia dal Sud al Nord. Avellino, Carpi, Parma e recentemente Torino.
E’ da tutti risaputo che i farmaci chemioterapici colpiscono le cellule a moltiplicazione veloce come sono appunto le cellule tumorali. Ma non hanno la capacità di distinguere e discriminare le cellule sane dei tessuti a rapido accrescimento come quelle del midollo osseo (che produce le cellule del sangue) o le cellule dei bulbi piliferi che producono i capelli. Le sostanze antitumorali fanno strage di tutte le cellule giovani, sia tumorali che sane. Ed ecco spiegato – sommariamente – il perchè della caduta dei capelli quando si combatte un tumore con i farmaci.
Il casco che protegge i capelli si chiama “Paxman” – dal nome del suo inventore inglese – ed è formato da una cuffia siliconata refrigerante. Messa a contatto con il cuoio capelluto raffredda gradatamente – ma in modo significativo fino a meno 4 ! – la cute ed il sottocute. Col freddo i capillari sanguigni tendono a chiudersi facendo circolare meno sangue nel distretto raffreddato. Così, arrivando meno sangue, arrivano meno farmaci killer di cellule giovani. Ed i bulbi piliferi possono continuare a lavorare per mantenere una chioma fluente. Il trattamento è molto semplice ed indolore. Il casco si applica durante l’intera seduta di chemio, anzi si parte a raffreddare una mezz’oretta prima e si continua per un’ora abbondante dopo la fine dell’infusione del farmaco. In letteratura medica non si possiedono dati scientifici accurati circa l’efficacia della metodica. Si parla di succeso in oltre il 60% dei casi trattati, che in medicina è un dato realistico e confortante.
Per una donna i capelli sono fondamentali per la percezione della propria femminilità.
Una donna che lotta con un tumore, oltre a patire il dolore esistenziale di una malattia drammatica vive il disagio di vedere deturpata perfino la sua femminilità. Avere attenzioni anche verso questi aspetti della psicologia della personalità della malata è segno di sensibilità umana che una donna apprezza immensamente. E gli ospedali che se ne sono dotati vanno elogiati.
Bisogna, piuttosto, domandarsi perchè tutti i reparti di oncologià non ne siano provvisti.
Considerato che il casco non costa uno sproposito, ma 30 mila euro. Che per un ente ospedaliero non sono una cifra da capogiro, considerato che gli sprechi negli ospedali non mancano. Questo non sarebbe uno spreco. Ma un sostegno psicologico a chi vive un dramma esistenziale doloroso e talvolta demotivante.
Intanto, per la maggiorparte degli ospedali che ne sono attualmente dotati, i caschi refrigeranti sono frutto di donazioni da parte di associazioni di malati o di Onlus varie. Si spera che anche altre associazioni di volontariato facciano da stimolo e da traino per altre iniziative nel resto d’Italia. Chissà che le nostre note non risveglino qualche iniziativa similare ad emulazione di quelle già esistenti…
Carmelo Toscano
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