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Castellammare di Stabia

Centomila bambini in meno, rispetto al 2010.Breve analisi/non analisi sulle cause del “disagio”

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Centomila bambini in meno, rispetto al 2010. Queste sono le stime. Un paese con troppi anziani e pochi giovani, già si grida al pericolo estinzione. Tanti, troppi, pensano ai numeri, pochi, pochissimi provano a trovarne le cause.

Il motivo di tale “disagio” sociale? Nessuno osserva il mondo, quello vero di quando si esce, di quando si va al cinema, a lavoro, o a mangiare una pizza. Il problema è che ormai persiste la paura, la paura assillante e costante di non essere all’altezza, di non essere abbastanza, e noi giovani, che ancora non abbiamo un futuro certo, come mai potremmo mettere al mondo un nuovo futuro? Ormai sappiamo più o meno dai tempi delle medie, qualcuno anche prima, che diventare genitori non è poi così difficile, ora, invece, sappiamo anche che, esserlo per davvero, è cosa difficilissima. Nessuno dei miei coetanei pensa ad avere figli, legittimo. Nessuno della generazione precedente alla mia pensa di poter mantenere un figlio, preoccupante. Forse. Scrivo forse, perché non credo che un figlio sia, come pensano molti, il traguardo da raggiungere necessariamente. Credo che sia, invece, semplicemente una tappa che molti vogliono e preferiscono raggiungere, mentre altri preferiscono saltare. Nessuno ha torto, nessuno ha ragione.

O

vviamente, se proprio dovessimo individuare delle cause, queste sarebbero di natura sistemica. Alcune potrebbero essere rintracciate in un mondo del lavoro troppo spesso inesistente, nel prezzo della vita elevato, in una realtà universitaria troppo lunga, in una soglia sempre più alta di benessere richiesto, e soprattutto, nel fatto che il nostro non sia un paese a misura di donna, di bambino, di padre, di madre, di figlio, di nonno e via discorrendo. Questi i tanti motivi, anche se, comunque, credo non vi siano certezze a spiegare tale situazione. Mi muovo su una direzione di analisi incerta perché credo sia impossibile fornire verità e soluzioni assolute, questo, ovviamente, secondo il mio modesto parere. Scrivo ciò che scrivo, perché non voglio credere che ci sia un solo modo di vivere la vita, o un solo modo di essere felici (visto che spesso e volentieri la felicità viene associata alla mera riproduzione), anzi, non so nemmeno se sia il caso di parlarne, di non parlarne, di considerarlo un problema o meno. Unica cosa di cui sono sicura è che un mondo con meno giudizi, statistiche, imposizioni, non sarebbe poi così male. Anzi, in un mondo del genere, forse, non avremmo di questi problemi.

a cura di Maria Ida Sorrentino

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