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Cento volte Marek Hamsik, un ragazzo d’oro

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i racconta che quando lo videro per la prima volta al campo di allenamento di Castel Volturno, i soliti “intenditori” di calcio ebbero a storcere il naso; decretarono che quel ragazzino magrolino, con i capelli strani a cresta, fosse la conferma che il nuovo Napoli di De Laurentiis sarebbe stato un bluff. I milioni investiti non erano certo uno scherzo per un club che risaliva dal purgatorio della B, ben 5.5, ma quel giovanotto, cresciuto nelle giovanili del Brescia, era un predestinato. Il tocco di palla, i movimenti da fuoriclasse, il posizionamento sempre preciso, la visione di gioco assoluta, i passaggi in verticale realizzati con il contagiri: tutti elementi che non si insegnano a chi li esegue spontaneamente. Le sue doti avevano già attirato sul giovane slovacco l’interesse di tanti club importanti, non ultimo le milanesi. Il più lesto di tutti però fu proprio Pierpaolo Marino: la vecchia volpe del calcio nostrano, allora direttore generale del Napoli, era a Brescia per visionare Milanetto; scherzando dirà poi che a colpirlo e a convincerlo a puntare tutto su Hamsik, era stata proprio quella cresta irriverente, allora ancora non così diffusa tra i giovani. Quando si decise ad accontentare le esose pretese del Brescia, però, fu lo stesso presidente del club lombardo, Gino Corioni, ad affermare che l’affare lo stava facendo il Napoli. Mai parole furono più profetiche: nonostante il numero di maglia scelto, il 17, che all’ombra del Vesuvio non è visto di buon occhio e in barba alla scaramanzia, Marek è riuscito in questi dieci anni a diventare il punto di riferimento assoluto del Napoli, sempre al centro nevralgico di un progetto in continua evoluzione. Sono passati i fuoriclasse, i dirigenti, qualcuno che ha avuto fretta di baciare la maglia e altrettanta fretta di smetterla, ma lui no, la cresta orgogliosa sempre ben dritta, la mano sul cuore di quella che sente come una seconda pelle, la maglia azzurra. Non hanno scalfito questa fede qualche episodio ben triste di cronaca nera, qualche procuratore che subdolamente ha creduto di poter comprare la sua dignità di uomo e di sportivo, né i soliti commissari tecnici da bar, quelli che a un minimo errore sono pronti a dichiarare finito un atleta. Marek resta la bandiera del Napoli del nuovo millennio e ha stabilito qui la sua seconda casa. Adesso ha all’attivo 325 presenze ufficiali e ben 100 gol, ed è entrato di fatto e di diritto nella storia del club. Qualcuno prospetta per lui un futuro da dirigente azzurro, visto il ragazzo intelligente e posato qual è. Per adesso i tifosi si godono il capitano giocatore, faro del centrocampo e scugnizzo di adozione, sperando di poter presto coronare il sogno che ogni azzurro accarezza nel proprio cuore. Dopotutto, un ragazzo d’oro come lui, non merita di meno.

a cura di Fabiano Malacario

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