Il sindaco della città Metropolitana di Messina ha rimosso lo svincolo che lui stesso, quando primo cittadino di Santa Teresa, declamava alle elezioni.
Ieri mattina con l’articolo “Quello svincolo autostradale si potrebbe realizzare”, avevamo ritenuto fattibile tale infrastruttura sulla a/18, tra i paesi di Sant’Alessio Siculo e Santa Teresa di Riva, nella provincia Jonica messinese e ai piedi della Valle dell’Agrò composta da otto Comuni con circa 20 mila abitanti. Tanto più ciò, considerato il milione di euro impegnato dal Comune di Santa Teresa di Riva per la definizione dell’iter progettuale e stante pure che l’attuale Sindaco di Santa Teresa è Danilo Lo Giudice, nonché deputato regionale all’Ars dell’Udc, notorio delfino di Cateno De Luca.
Ma la speranza della predetta opera per i cittadini della Vallata dell’Agrò sembra durare poco. Mentre pubblicavamo l’articolo usciva la rimodulazione del Master Plan della Città metropolitana di Messina e annunciata dal rispettivo sindaco Cateno De Luca di centrodestra, il quale ha dichiarato “Molti progetti non erano buoni, cito ad esempio quelli per le autostrade, che sono stati ridotti solo a tre, gli svincoli di Monforte, Villafranca e Alì. Per quest’ultimo era previsto un intervento da 18 milioni, quando invece ne servivano 45. Siamo riusciti a difendere ogni singolo intervento (?) e abbiamo ottenuto l’ok dall’Agenzia per la coesione”.
La Città Metropolitana di Messina è infatti il soggetto attuatore del Patto per lo Sviluppo della Città Metropolitana di Messina siglato in data 22 ottobre 2016 dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Sindaco della Città Metropolitana di Messina.
Coincidenza vuole, che quasi come una premonizione, nel primo paragrafo del nostro sopracitato articolo se ne era richiamato un altro “Gela e Termini Imerese perdono i finanziamenti a favore di Catania” in quanto si temeva la risaputa abitudine italiana e specialmente siciliana, di rimuovere finanziamenti e rispettivi progetti, a secondo dell’interesse politico-elettorale o di altra “natura” del potere di turno.
Pertanto ci ha ulteriormente crucciato leggere: “ALLEGATO “A” RITEMATIZZATO Al SENSI DELLA DELIBERA CIPE N. 25/2016 CON EVIDENZA DELLE MODIFICHE APPORTATE E RATIFICATE CON L’ATTO MODIFICATIVO DEL 18/10/2019 – NUOVI INTERVENTI INSERITI – 1.1 Infrastrutture di trasporto ferroviario e stradale – Comune di Fiumedinisi – Strada intercomunale Fiumedinisi – Nizza di Sicilia – COMPLETAMENTO – Decreto Sindacale n” 165 del 27/07/2018 Città Metropolitana di Messina – 13.500.000”. Ovverosia l’analoga somma prevista per lo svincolo autostradale della Vallata dell’Agrò sarebbe stata presumibilmente spostata per il rifacimento della strada collinare di accesso a Fiumedenisi, paese di origine del sindaco metropolitano Cateno De Luca. Di certo ogni cosa fatta secondo legge per carità, ma che tuttavia appare feudale, asociale, sprezzante ed eloquente della decennale politica di sempre, italiana e siciliana.
Non rimane quindi che sentire le eventuali novità ed osservazioni nell’incontro di domenica 10 con deputati e senatrice messinesi e di cui al nostro articolo sopra (“Quello svincolo autostradale si potrebbe realizzare”).
L’opinione.
Ancora una volta si ha la stancante sensazione del perché la Sicilia da anni è ridotta in macerie sociali ed economiche, con una emigrazione galoppante, una ormai cronica mancanza di sviluppo e lavoro e con nessuno tra i siciliani che oggettivamente possa più credere a ciò che ci racconta la trasversale politica di sempre, salvo appartenere alla claque dei codazzi elettorali. I siciliani come anche gli italiani, siamo di tutta evidenza da decenni trattati, anche forzosamente, come un parco buoi per solo votare ed essere estorti fiscalmente, così da mantenere feudi, palazzi, carrozzoni e schiere di cortigianerie. Insomma la Sicilia continua ad essere preda di consolidate e nuove consorterie, tutte con orde appresso per cinico clientelismo e mercimonio. Questo pure a causa di annose leggi ingannevoli per assoggettare legalmente le persone comuni. Ieri pomeriggio un genitore di famiglia ci diceva tra l’amaro e il convinto che i suoi figli dovevano andarsene da quest’Isola se volevano vivere liberi e con un lavoro dignitoso.
A
dduso Sebastiano
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