Il figlio Francesco Mosca, nato anche lui a Castellammare di Stabia: “Il ricordo, il passato, deve dare la forza per andare avanti e per dire, si può fare! “
Questa mattina, a Castellammare di Stabia, l’Amministrazione Comunale ha intitolato un viale ad Antonio Mosca, sovrintendente della Polizia di Stato che morì il 29 Luglio del 1989, come conseguenza delle ferite subite in una sparatoria con tre criminali, membri della cosiddetta “Banda della Uno Bianca”. La cerimonia si è svolta presso la Cattedrale in presenza delle autorità civili, miliari e religiose. Presenti anche il Sindaco Gaetano Cimmino e il figlio di Antonio Mosca, Francesco. Dopo la messa in suo ricordo, è stata svelata la targa d’intitolazione.
La redazione di ViViCentro.it ha raccolto la preziosa testimonianza del figlio Francesco Mosca, che ha deciso di seguire le orme del padre e diventare poliziotto, al quale è stata consegnato un riconoscimento dall’Amministrazione stabiese:
Che ricordo hai di lui? “Mio padre è scomparso quando avevo appena 10 anni. Lo ricordo come un buon padre, ci teneva alla famiglia. Era un uomo di Chiesa, sempre presente per i suoi figli”
Quanto ha influito sulla tua scelta di indossare la divisa? La divisa che indossava mio padre mi ha sempre colpito, ho una foto di lui in divisa. Mi ha ispirato ad intraprendere questo percorso e ad entrare in Polizia. Il principio che mi spinge è quello di stare in strada, infatti fino a poco tempo fa ero sulle volanti a Rimini a pattugliare in strada: è un lavoro che mi è sempre piaciuto.
Oggi è importante ricordare che ci sono persone che hanno lasciato i propri cari, la propria vita per questo lavoro. E’ importante tenere vivo il ricordo anche nei più giovani perchè devono conoscere la nostra storia.
Dopo un evento come questo, una persona si chiede “chi è Antonio Mosca?”. Può cercare su internet cosa gli è successo. Capire la vigliaccata che ha subito. Vigliaccata perchè io non credo sia un ‘gioco alla pari’: sapevano le sue abitudini, si sono preparati e gli hanno fatto la festa. Non ha avuto possibilità di “giocarsela alla pari”.
Hai seguito le vicende giudiziarie a seguito del suo omicidio? Personalmente non ho mai voluto dare la soddisfazione a queste persone di dire: “Ho ucciso una persona e ancora oggi sto rovinando la vita della sua famiglia”. Anche se il ricordo di mio padre sarà sempre con me, la vita va avanti. Deve andare. Non voglio rovinare la mia vita per queste persone che alla fine hanno fatto tutto questo per cosa? Per soldi? Quando moriranno non si portano niente dietro. Mi sono costruito la mia famiglia e voglio stare bene insieme a loro. In questo ringrazio mia moglie che mi è sempre stata vicino. Mi ha dato tre splendidi bambini.
A Castellammare tanti colleghi ogni giorno rischiano la vita in strada, questi eventi possono spingere la parte sana della città a reagire alla criminalità? Io lo spero, è importante. Ne parlavo prima con il Sindaco: il ricordo, il passato, deve fornire la forza necessaria per andare avanti e dire “Si può fare”. Mio padre ci ha lasciato la vita, ma le indagini hanno portato all’arresto di queste persone e di altre. E’ stato uno sviluppo ‘felice’, in un certo senso. Sono contento perchè i colleghi hanno fatto un’ottimo lavoro.
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A cura di Mario Calabrese
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