Grande successo della manifestazione voluta dall’amministrazione comunale per diffondere sul territorio l’amore per la lettura e la cultura.
C
ontinuano alla Reggia di Quisisana gli incontri con l’autore. Un altro nome d’eccellenza presente alla rassegna letteraria Quisilegge II edizione – Winter Edition, quello dello scrittore e famoso speaker radiofonico Rosario Pellecchia, detto Ross, una delle voci più
note e amate in Italia.
Ad accogliere Ross, oltre al giornalista Pierluigi Fiorenza, moderatore dell’evento, il sindaco di Castellammare, Ing. Gaetano Cimmino, e il noto attore stabiese Michele Di Nocera.
“Investire nella cultura è l’antidoto vero nella lotta alla camorra” ha sottolineato il Sindaco, che si è fatto promotore di molte iniziative culturali che vogliono scardinare tutti gli stereotipi negativi sulla nostra città, dando il benvenuto al bravissimo autore.
Il “Miliabese”– così lo ha definito in maniera spiritosa Pierluigi Fiorenza per il fatto che Ross è nato a Castellammare di Stabia ma vive a Milano, dove conduce da anni “105 Friends”, un programma storico di Radio 105 – nel 2019 ha esordito con il romanzo, “Solo per vederti felice”, ambientato a Castellammare.
“Le balene mangiano da sole” è il suo secondo successo editoriale, pubblicato a marzo 2021 da Feltrinelli, incentrato sui temi dell’amicizia e degli affetti familiari, un libro intenso dai molteplici spunti di riflessione, una storia coinvolgente e appassionante
ambientata in gran parte a Milano.
Una città multietnica, anche nel cibo, una Milano “da mangiare” dove Il protagonista, il giovane napoletano Genny Di Nola, studente del Politecnico, decide di fare il rider, lavoro sottopagato, pericoloso e frustrante, soltanto per incontrare gente e fare una sua personale ricerca antropo-sociologica.
Nel tragitto che fa di corsa in bicicletta per consegnare l’ordinazione, immagina che ai vari tipi di cibo corrispondano persone con determinate caratteristiche, vestite e pettinate in un certo modo, con abitudini alimentari diverse per classi sociali e per età. Spesso, come un esperto profiler, ci prende.
Per il protagonista, che cerca ogni volta di mettersi nei panni dell’altro, di scoprire chi siano le persone che gli apriranno per pochi istanti la porta delle loro case, è un gioco che gli consente di superare la banalità di un lavoro poco gratificante e ripetitivo, un modo per distogliere la sua mente da un dolore profondo che lo accompagna ormai da quattro anni.
Genny, dal barlume di vita quotidiana intravisto dietro un uscio, ricostruisce nella sua mente storie di variegata umanità. Ma spesso chi gli apre la porta è tutt’altro da chi si era immaginato, come il dodicenne Luca. È così che nasce l’insolita amicizia tra i due, un’amicizia “assurda e imprevedibile come una rovesciata di Cavani al novantacinquesimo minuto.”
“Il dolore funziona come un bluetooth: impiega un secondo a connettere due persone, e così a Genny sembra di essere già legato a quel ragazzino, perché in fondo a quegli occhi neri scorge una cicatrice…E forse quella sera, con poche battute e uno sguardo, quei due si sono riconosciuti…Fuori intanto la città se ne frega di loro, delle loro ferite e dei loro desideri…”
A leggere con grande espressività alcuni brani tratti dal romanzo il bravissimo attore Michele di Nocera che ha recitato all’inizio della sua carriera con l’indimenticato Annibale Ruccello.
Tanti sono gli spunti di riflessione nel romanzo, dallo sfruttamento dei lavoratori extracomunitari al razzismo, dalla solitudine al senso di straniamento in una metropoli dai forti contrasti. A prevalere i temi dell’amicizia e degli affetti familiari.
Per l’autore il cibo è il fil rouge che lega tutti i personaggi della storia, è indicatore sociale, è comunicazione, convivialità, un modo per riempire un vuoto emotivo. I succulenti piatti della tradizione culinaria della nostra terra non sono soltanto pietanze ma emozioni che
l’autore rievoca ricordando la sua infanzia.
Abbiamo chiesto all’autore qual è la funzione metaforica del cibo in questo romanzo. “Se dovessi definirlo metaforicamente, direi che nell’architettura della storia il cibo simboleggia da un lato un’ossessione dei nostri tempi, tutta milanese, e dall’altro le mie radici culturali con i piatti più buoni della nostra tradizione – come la parmigiana, il cattò, il casatiello.”
Ed anche in questo intenso e appassionante romanzo, raccontato con leggerezza e simpatica ironia, da leggere tutto d’un fiato, ritroviamo la nostra Castellammare, il nostro cibo, le nostre tradizioni.
Adelaide Cesarano/Redazione
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