La dislocazione degli impiegati nei singoli uffici è predisposta dai dirigenti con l’intento di assicurare la proficuità dello svolgimento della quotidiana attività amministrativa per cui le singole assenze incidono sull’organizzazione dell’ufficio alterando la preordinata dislocazione delle risorse umane.
È
per questo che uscire dal lavoro senza autorizzazione, ossia senza “timbrare il cartellino”, integra il reato di truffa sia per essersi sottratto ai doveri d’ufficio che per l’indebita percezione della retribuzione con ulteriore danno per l’azienda: questo è quanto più volte, e in più sentenze, ha deciso la Cassazione.
Il Concetto che nel “non timbrare il cartellino” si integri il “reato di truffa” è stato ribadito anche nell’ultima sentenza: n. 7005 del 13 febbraio 2019, seconda sezione penale, che segue la sentenza n. 8426/2013 come anche quella della sezione n. 30177/2013 per un caso in cui si era avuto l’utilizzo abusivo dei cartellini di ingresso, cosa che aveva provocato, secondo la Corte di Cassazione, l’alterazione dei dati sulle presenze in ufficio il che, richiamando la grave lesione del rapporto fiduciario determinata dalla condotta delittuosa, aveva portato anche all’esclusione di ogni attenuante.
Sempre secondo la Corte di Cassazione, il reato di truffa, qualora l’assenza sia economicamente apprezzabile, può trasformarsi in truffa aggravata. A tal fine, anche una indebita percezione di poche centinaia di euro, corrispondente alla porzione di retribuzione conseguita in difetto di prestazione lavorativa, costituisce un danno economicamente apprezzabile per l’azienda il che può farla identificare come truffa aggravata.
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