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Castellammare di Stabia

Cassazione: niente usura sopravvenuta

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Per le Sezioni Unite, se la clausola è stipulata prima della legge n. 108/96, l’eventuale superamento della soglia di usura non la rende nulla

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on la recente sentenza numero 24675/2017 (qui sotto allegata), le Sezioni Unite hanno enunciato un principio di diritto in materia di usura che di certo non mancherà di sollevare ampi dibattiti.

I giudici, infatti, hanno affermato che se la clausola contrattuale di determinazione del tasso di interessi è stipulata prima dell’entrata in vigore della legge numero 108/1996, l’eventuale superamento della soglia dell’usura come determinata dalla predetta legge da parte del tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario non rende la predetta clausola né nulla né inefficace.

Ma non solo: la medesima regola vale anche per la clausola che sia stata stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante dalla stipula.

Le pretese del mutuante

Ciò posto, per le Sezioni Unite deve affermarsi anche che se il mutuante pretende di riscuotere gli interessi maturati secondo il tasso che ha validamente concordato con il mutuatario, il solo fatto che sia sopraggiunto il superamento della soglia dell’usura determinata dalla legge numero 108/1996 non è idoneo a qualificare la sua pretesa come contraria a buona fede nell’esecuzione del contratto.

Le ragioni alla base della decisione

La sentenza in commento risolve, con un ampio percorso argomentativo, un contrasto tra due differenti orientamenti che hanno sino ad oggi visto contrapposte le sezioni semplici e lo fa negando la tesi dell’illiceità della pretesa del pagamento di interessi a un tasso che non è superiore alla soglia dell’usura alla data della pattuzione ma lo supera al momento della maturazione o del pagamento degli interessi stessi.

Per le Sezioni Unite, infatti, la negazione della configurabilità dell’usura sopravvenuta deriva dalla circostanza che il giudice è vincolato all’interpretazione autentica degli articoli 644 del codice penale e 1815, comma 2, del codice civile (imposta dall’articolo 1, comma 1, del d.l. n. 394/2000), della quale “non può negarsi la rilevanza per la soluzione della questione in esame”.

Valeria Zeppilli

Laureata a pieni voti in giurisprudenza presso la Luiss ‘Guido Carli’ di Roma con una tesi in Diritto comunitario del lavoro. Attualmente svolge la professione di Avvocato ed è dottoranda di ricerca in Scienze giuridiche – Diritto del lavoro presso l’Università ‘G. D’Annunzio’ di Chieti – Pescara

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