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Castellammare di Stabia

Caso razzismo, gli ultras atalantini non ci stanno: “E’ solo campanilismo”

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“Abbiamo adottato Makinwa e Migliaccio”

La Curva Nord dell’Atalanta non ci sta. Non accetta le accuse di razzismo arrivate dopo il match tra i nerazzurri e il Napoli: gli episodi a cui si fa riferimento sono i ‘buu’ indirizzati a Koulibaly e i ‘terroni’ rivolti ad Insigne e ai napoletani in generale.

Gli Ultras bergamaschi rigettano questo loro accostamento ad un modo di vivere così indecoroso, e lo fanno attraverso un comunicato:
MA QUALE RAZZISMO? IL NOSTRO E’ STORICO CAMPANILISMO

Noi polentoni, voi terroni! L’ipocrisia che negli ultimi anni accompagna il mondo del calcio sta toccando livelli davvero imbarazzanti ed, ora, addirittura offensivi verso una tifoseria intera. Si perchè definire la tifoseria Atalantina razzista è offensivo verso le migliaia di tifosi, ultras simpatizzanti che MAI negli anni hanno dimostrato discriminazione verso il colore della pelle.

I fischi ed i buu si facevano negli anni a Totti, Del Piero ed altri giocatori solo per rivalità calcistica per ciò che rappresentavano, non per il colore della pelle.
Come può essere razzista una Curva che negli ultimi dieci anni ha raccolto circa 90.000 euro per sostenere un centro riabilitativo per bambini in Ruanda? Come può essere razzista una Tifoseria che ha raccolto 20.000 euro per lo tsunami che ha colpito il sud-est asiatico nel 2004?

Il campanilismo fa parte della nostra Storia calcistica, ma prima di tutto sociale, ed allo stadio la si vive con grande passione. Accusiamo altri di razzismo quando ci danno per contadini che zappano la terra!? Noi siamo orgogliosi di questo, di essere umili ma concreti, proprio come il nostro Popolo.

Essere tacciati di razzismo ci ferisce nell’orgoglio, ben consci di non essere caduti nelle umiliazioni di miliardari arroganti che giocano a fare gli uomini.

La nostra terra ha sempre accolto con calore e serietà tutti. Da Makinwa (che qualcuno voleva addirittura nominare Sindaco) passando ad una bandiera che la scorsa stagione ha lasciato il calcio. Parliamo di Giulio Migliaccio, nato a Mugnano di Napoli, orgogliosamente partenopeo ma adottato da noi Atalantini. Un uomo che, ancora oggi, viene visto come un esempio di serietà e professionalità in campo e fuori. E basta guardare le sue lacrime per capire quanto Bergamo gli abbia e gli voglia davvero bene.

Non accettiamo l’etichetta di razzisti, ma rivendichiamo di poter vivere le nostre rivalità, calcistiche e di campanile, con fantasia e libertà. Senza ipocrisia!


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