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Il caso Embraco arriva a Bruxelles. Vestager: “Saremo intransigenti”

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Il dossier Embraco è arrivato sul tavolo della Commissione Ue. Carlo Calenda è volato a Bruxelles per cercare di bloccare i 500 licenziamenti dopo la decisione dell’azienda di spostare le linee produttive da Riva di Chieri in Slovacchia. Un faccia a faccia con la commissaria Ue Margrethe Vestager che ha assicurato: “Saremo intransigenti”.

L’Ue: “Saremo intransigenti sulla chiusura di Embraco”

Il ministro Calenda propone alla commissaria Vestager un fondo contro le delocalizzazioni. Sindacati europei contro il trasferimento in Slovacchia

BRUXELLES – Il dossier Embraco è arrivato sul tavolo della Commissione europea. Margrethe Vestager ha assicurato che l’Ue sarà «intransigente». Carlo Calenda ha ribadito che «il governo non molla di un millimetro». La confederazione dei sindacati europei ha promesso «tutti i passi possibili per bloccare l’operazione». Ma le possibilità di trovare una soluzione europea che eviti il trasferimento in Slovacchia della multinazionale, pronta a chiudere lo stabilimento di Riva di Chieri, sono ai minimi termini. Per questo il governo è al lavoro con l’Ue per tamponare le ferite e contenere i danni: il fenomeno delle delocalizzazioni all’interno dell’Unione – frutto del dumping salariale e fiscale – è una questione che non può essere ignorata. Al momento, però, non esistono strumenti adeguati per contrastarlo.

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l ministro dello Sviluppo Economico ieri ha esposto alla Vestager il progetto italiano di un «fondo anti-delocalizzazioni». Che però sarebbe più corretto chiamare fondo «post-delocalizzazioni», perché servirebbe a favorire la reindustrializzazione dei siti già colpiti dai processi di delocalizzazione. Non a evitare la fuga delle multinazionali. Trattenerle con la forza non si può («mica possiamo mandare i carabinieri» ha detto ieri Calenda) e nemmeno offrire loro condizioni più vantaggiose per evitare che vadano a produrre dove costa meno: sarebbe un atteggiamento in contrasto con la normativa europea sugli aiuti di Stato, oltre che pericoloso. I governi finirebbero esposti ai ricatti delle imprese.

Dunque ci si sta muovendo per curare, più che per prevenire. Il ministro dice che il fondo aiuterebbe a «gestire la fase di transizione» e a «trovare alternative». In pratica, in caso di una delocalizzazione il governo garantirebbe incentivi alle aziende intenzionate a subentrare in un’attività per garantire la continuità produttiva. Anche modificandola, ma salvaguardando il più possibile i posti di lavoro. Gli incentivi verrebbero erogati sotto forma di prestiti, ma i contorni non sono ancora ben definiti.

Un intervento di questo tipo rischia di essere in contrasto con le norme sugli aiuti di Stato, per questo serve il via libera di Bruxelles. Vestager non ha chiuso la porta, ma è presto per parlare di un via libera. Anche perché la capa dell’Antitrust Ue ha ricordato che la questione va affrontata coinvolgendo anche Elzbieta Bienkowska, commissario all’Industria. A livello europeo esiste già un fondo di adeguamento alla globalizzazione che interviene in caso di delocalizzazioni, ma solo al di fuori dell’Ue. Ha una dotazione di 150 milioni di euro l’anno e può finanziare fino al 60% i progetti di formazione e reinserimento lavorativo per i singoli dipendenti che hanno perso il posto. Non può essere usato per incentivare investimenti di reindustrializzazione.

Oggi Vestager dirà che il progetto italiano è allo studio per verificarne la fattibilità, anche se vanno definiti i dettagli. Calenda le ha chiesto inoltre di accendere un faro sulle mosse del governo slovacco, che per attrarre Embraco potrebbe aver usato in modo improprio i fondi strutturali europei o concesso aiuti di Stato illegittimi. Segnalazione ricevuta, dicono dal Berlaymont, ma l’apertura di un’indagine non è scontata. Per Romano Prodi la vicenda è la prova che «l’Europa non c’è perché ogni Paese fa i suoi interessi». «Calenda si è mosso tardi» attacca Renato Brunetta (Forza Italia). E Antonio Tajani, suo compagno di partito, ieri ha ricevuto il ministro. I due non sono candidati alle elezioni, ma le voci sul loro futuro prossimo si sprecano. «Il caso Embraco dimostra che l’Europa va cambiata in tempi rapidi – ha detto il presidente dell’Europarlamento dopo aver visto Calenda – e questo deve essere un impegno unitario di qualunque futuro governo italiano».

vivicentro.it/ECONOMIA
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