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Caccia al secondo uomo. Stessa mano fra Parigi e Bruxelles

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BRUXELLES – Il punto sulle indagini/ Il Consiglio Nazionale abbassa il livello di allerta da 4 a 3, probabile che la cellula che ha colpito in Francia e Belgio sia considerata estinta. Importanti verità potranno arrivare dal pc abbandonato da Ibrahim El Bakraoui

BRUXELLES – La caccia a un secondo uomo, ripreso, poco prima delle 9 del mattino del 22 marzo, dalle telecamere del circuito di videosorveglianza della metropolitana di Maelbeek mentre trascina con sé una borsa e si congeda da Khalid El Bakraoui, il kamikaze che di lì a poco si farà saltare nel secondo vagone di un treno della linea 1, è l’ultimo dettaglio di un’inchiesta di cui non modifica una verità ormai incontrovertibile. Ma che, piuttosto, rafforza. Una stessa mano ha colpito a Parigi e Bruxelles. E la strage del 22 è stata immaginata e pianificata (ancorché eseguita con modalità più devastanti nell’uso e nella quantità degli esplosivi arricchiti da chiodi e bulloni) per essere il calco di quella del 13 novembre. Stesso esplosivo (TATP), identica simultaneità, uso di kamikaze. Le circostanze dunque che i ricercati “allo stato non identificati” siano ora due e non più uno (l’uomo vestito di un giaccone chiaro che ha abbandonato al loro destino i due kamikaze dell’aeroporto di Zavantem e una terza valigia bomba inesplosa), che il commando di martedì scorso fosse di cinque uomini (3 in aeroporto, 2 nel metrò) piuttosto che di quattro, sono utili a tirare una prima conclusione. Di cui qualcosa dice la scelta, fatta in serata dal Consiglio Nazionale per la Sicurezza, di abbassare il livello di allerta terrorismo da 4 a 3. E che due qualificate e diverse fonti di Intelligence – francese e italiana – rendono esplicita così a “Repubblica”: “E’ possibile dire che la cellula di Abdelhamid Abaaoud e Salah Abdeslam, così come è stata ricostruita in questi quattro mesi di indagine, sia pressoché esaurita. La circostanza che martedì scorso sia stato sacrificato l’artificiere, Najim Lachraoui, è il segnale che il gruppo non ha e non aveva più carne da mandare al macello. Questo non significa, evidentemente, che non ci siano in giro per l’Europa altre decine di jihadisti pronti a prendere l’iniziativa e dunque che la minaccia possa considerarsi esaurita. Al contrario. Ma è un fatto che il gruppo Abaaoud-Abdeslam possa dirsi consumato”.

TREDICI MORTI
Nelle parole delle due fonti di Intelligence, come in quella di chi indaga, la consapevolezza di essere arrivati quasi in fondo alla storia di questa filiera franco-belga è sorretta da un numero. Al netto degli oltre venti arresti tra Francia e Belgio, tra il 13 novembre del 2015 e martedì scorso, sono 13 gli jihadisti morti che facevano capo al gruppo. Nove come kamikaze a Parigi. Tre a Zavantem e Maelbeek. E uno a Forest il 16 marzo, abbattuto dai cecchini della polizia durante l’irruzione dell’appartamento in rue des Dries dove si nascondeva Salah Abdeslam. Tutto questo, senza contare il blitz del 18 novembre 2015 a Parigi, quando, in un appartamento a Saint Denis, muore l’architetto dell’orrore, il ring leader della filiera, Abdelhamid Abaaoud. Il sociopatico di Molenbeek, la macchina di odio, da cui tutto era cominciato il 15 gennaio 2015 in quel di Verviers e il cui testimone era stato raccolto proprio da Salah Abdeslam. Con l’obiettivo, alla fine raggiunto, di una nuova strage che eguagliasse l’orrore francese. Secondo un’ipotesi, tornando a fare uso anche di armi da guerra (quelle trovate nel covo di Forest). In ogni caso, e come è accaduto, scegliendo quale bersaglio un aeroporto, come, in quel di Verviers, proprio Abaaoud aveva cominciato a fantasticare.

OBIETTIVI E ORGANIGRAMMI
C’è di più. Indiscrezioni di fonti di polizia, confermate da fonti di intelligence europea con cui le autorità belghe hanno cominciato ad abbozzare ieri un primo modesto scambio di informazioni, segnalano come la scoperta del pc abbandonato da Ibrahim El Bakraoui nel cestino dell’immondizia di fronte all’ultimo covo di rue Max Roos prometta di essere un tesoro informativo. Ben oltre l’audio testamento, prova della disperazione e del senso di accerchiamento di chi ha colpito Zavantem e Maelbeek. In quel computer sarebbe infatti non solo materiale (come riferito dal quotidiano belga “Dernier Heure”) che proverebbe l’interesse della cellula a colpire centrali nucleari in Belgio, ma anche le chiavi per venire a capo dei sistemi di comunicazione e crittazione con cui la cellula di Abaaoud ha comunicato nei mesi che hanno preceduto le stragi del 13. In quel computer, a quanto pare, anche elementi in grado di chiudere su chi è ancora a largo. A cominciare da quel Mohammed Abrini scomparso all’indomani delle stragi del 13 novembre 2015, alla cui pianificazione aveva partecipato. Dato da tempo in Siria (dove si sarebbe rifugiato con la famiglia alla fine del novembre dello scorso anno) potrebbe al contrario essere ancora in Belgio. Se è vero – come spiegano ancora due diverse fonti di intelligence – che nel lavoro di identificazione dell’uomo dal giaccone bianco e ancora senza nome del commando di Zaventem, gli inquirenti belgi hanno prova.

larepubblica / Caccia al secondo uomo. Stessa mano fra Parigi e Bruxelles dal nostro inviato CARLO BONINI


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