A Brescia, nelle imminenze delle festività natalizie, sotto i centralissimi portici di Corso Zanardelli, vicino al Teatro Grande, apre i battenti una pasticceria dedicata a soli cani. Avete capito bene: pasticceria artigianale per cani! Non per tutti i cani, certo! ma per quei cani fortunati che hanno un padrone “sensibile” e danaroso, che con lo stipendio non fa fatica ad arrivare a fine mese, per se e per la famiglia.
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e un quattro zampe si alleva con gli avanzi di casa, è un conto. Ma se bisogna alimentarlo comprando cibo di qualità, il costo economico è diverso. E, con i tempi che corrono, non alla portata di tutte le tasche, in cui tante famiglie pudicamente ricorrono al banco alimentare. Ma Brescia, nonostante la crisi, è città ricca e se lo può permettere. E portare sotto i portici il proprio levriero o il tenero barboncino a prendere un pasticcino, insieme a tanti altri Fido agghindati con cappottini e cuffiette vezzose, fa molto in.
Le nostre considerazioni moralisteggianti lasciano il tempo che trovano. L’economia si muove per convenienza ed interessi: se un bisogno (reale o fittizio) c’è, si trova sempre qualcuno disposto a soddisfarlo per ricavarci un utile. Ferrea legge della domanda e dell’offerta.
Puntualmente spunta l’imprenditore che valuta il mercato, fa i suoi conti, investe e rischia. Nel nostro caso è uno già operante nel settore alimentare zootecnico che decide di ampliare la sua azienda e crea una pasticceria per cani. Se la sua idea avrà successo farà utili. Se no, andrà in perdita. E noi nei suoi confronti non possiamo elevare nessun giudizio. Egli fa impresa e crea lavoro per sé e per l’indotto. E a chi, con facile moralismo, lo accusa di aver scelto un settore frivolo egli giustamente fa notare che “se ci soffermassimo su ciò che è solo vezzo dovrebbe chiudere gran parte dei negozi in zona” centro e periferia.
Allora tutto bene? No di certo. Ai bei tempi andati gli animali da guardia domestici venivano nutriti con gli avanzi di casa. Poi arrivato il benessere, gli animali sono stati esentati dal servizio e promossi ad animali da compagnia, in una società in cui le persone non riescono più a stare tra loro, fanno fatica a comunicare e sostenere la difficoltà della diversità. Parlare con una persona che ha idee diverse dalle nostre è molto più faticoso che accarezzare e farsi accarezzare da un cane o da un gatto, magari dopo avergli fatto frequentare un corso per “ammaestrarlo”, per l’uso che ne vogliamo fare noi. Ammaestrare le persone è molto più difficile, si vede. E allora ecco la scorciatoia. Ci prendiamo un cane o un gatto, o di razza per esibirlo oppure, con buonismo politically correct, andiamo ad adottarne uno al canile o al gattile degli abbandonati. E si fa strada l’opinione che “i nostri cani diventeranno sempre più membri della famiglia, quindi hanno il diritto di mangiare cibo sano” anche loro. Adesso diamo loro anche il dolce, poi essi, poveri animali, diventeranno obesi, col colesterolo alto e diabetici. E ci saranno solerti veterinari che offriranno cure idonee, per i nostri amici a quattro zampe che avremo costretto a ripercorrere il nostro itinerario di infiacchimento biologico tipico delle società opulente che presentano patologie da benessere: gotta, diabete, aterosclerosi, carie dentarie… Ma cosa avevano fatto di male povere bestioline per essere ridotte così al solo scopo di tenere compagnia a tanti essere umani incapaci di comunicare col prossimo?
Ma se li volessimo veramente bene, ‘ste povere bestiole, gli lasceremmo fare la loro vita biologica secondo natura. Già noi abbiamo snaturato la nostra. Che diritto abbiamo di snaturare anche quella di altri esseri viventi, che hanno solo il torto di non sapersi ribellare?
Sono diventati fuori di testa i cani che vogliono scimmiottare gli uomini o sono gli uomini che hanno perso la bussola e vogliono costringere anche i cani a patire le esagerazioni della società dell’opulenza, della sedentarietà e della super alimentazione?
Carmelo Toscano
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