Dopo l’interrogatorio nell’ambito dell’inchiesta Petrobras critiche ai magistrati. “Un’offesa personale e alla democrazia”. Dilma a San Paolo per incontrarlo
SAN PAOLO – L’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, al centro di una inchiesta per presunta corruzione e prelevato ieri dalla polizia per andare a deporre, ha dato la propria disponibilità a candidarsi alle presidenziali del 2018. “Mi offro come candidato, ho 70 anni ma ho ancora la voglia di un giovane di 30 e un corpo da atleta di 20. Quindi mi candido”, ha detto Lula parlando ad una platea di sindacalisti del settore bancario a San Paolo.
“Sono qui”. “Se cercate qualcuno che animi la truppa, sono qui”, ha aggiunto Lula, che si è anche definito “il miglior presidente della storia del Brasile e migliore presidente del mondo all’inizio del XXI secolo”. All’incontro erano presenti anche il presidente del Partito dei lavoratori, Rui Falcao, e il sindaco di San Paolo, Fernando Haddad. Lula, che ha infiammato la platea, ha anche duramente criticato i magistrati che ieri all’alba lo hanno mandato a prelevare a casa dalla polizia per portarlo a deporre nell’ambito del caso Petrobas. “E’ stata un’offesa personale, al mio partito, alla democrazia e allo stato di diritto”, ha detto.
Dilma a San Paolo. La presidente brasiliana Dilma Rousseff ha deciso di andare in giornata a San Paolo per portare personalmente la propria solidarietà al suo predecessore. Si è detta “indignata” per la misura coercitiva imposta a Lula. Ieri la polizia ha perquisito la casa e l’ufficio di Lula, nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo Petrobras (il caso lava jato, operazione autolavaggio). L’ accompagnamento coatto è stato disposto perché Lula si era rifiutato di andare a deporre: non è in stato di fermo, né di arresto. L’ex presidente è dichiarato di “non temere nulla”. Terminata la deposizione, l’ex presidente brasiliano Lula si è fatto accompagnare dagli agenti nella sede del Partito del lavoratori, nel centro di San Paolo. Davanti all’edificio lo hanno accolto un centinaio di sostenitori, con bandiere del partito di sinistra.
L’inchiesta Petrobras. L’inchiesta si avvicina sempre più sia a Lula che al suo successore, l’attuale presidente del Brasile, Rousseff, presidente del Consiglio di amministrazione di Petrobras negli anni dello scandalo. L’indagine prende il nome del colosso petrolifero statale Petrobas che ha distribuito oltre 2 miliardi di dollari in mazzette a politici del Partito dei Lavoratori, di cui Lula è stato leader. Il nome di Lula è stato fatto da alcuni accusati che hanno deciso di collaborare in cambio di una riduzione di pena.
L’accusatore. Sergio Fernando Moro, 44 anni, sposato con un’avvocato, è il giudice federale ispiratore della Tangentopoli brasiliana che ha fatto finire in manette decine di politici di tutto l’arco costituzionale, imprenditori, manager pubblici e privati, faccendieri. Si ispira apertamente al pool milanese di Mani Pulite, di cui confessa di aver studiato con attenzione i metodi di lavoro. E’ nemico del sistema politico tradizionale ed è diventato idolo dell’opposizione brasiliana di destra per la sua coraggiosa e spregiudicata inchiesta contro l’ex presidente Lula, mito vivente della sinistra, e contro la corruzione politica.
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