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Castellammare di Stabia

Berlusconi non risponde ai Giudici di Palermo

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L’ex premier nell’aula bunker dell’Ucciardone davanti ai Giudici alla Corte d’Assise d’Appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia non ha risposto.

L’ex premier Silvio Berlusconi, nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, davanti alla Corte d’Assise d’Appello che celebra il processo di secondo grado sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Citato dai legali dell’imputato Marcello Dell’Utri, e’ sentito come testimone assistito.

Berlusconi non ha voluto essere ripreso nell’aula bunker dove si celebrò il maxi processo alla mafia e divenuta il simbolo del contrasto giudiziario a Cosa nostra, negando il consenso prima ancora di presentarsi davanti ai Giudici.

Appena entrato in aula i Giudici gli hanno illustrato le prerogative garantitegli dallo status di teste assistito, status determinato dal fatto che a suo carico pende una inchiesta a Firenze sulle stragi del ’93, quindi su fatti “probatoriamente collegati” a quelli oggetto del processo “trattativa”.

La Corte, dunque, ha preliminarmente avvertito l’ex premier della possibilità di non rispondere precisando, inoltre, che qualora avesse risposto avrebbe assunto “l’ufficio di testimone”, quindi avrebbe dovuto dire la verità.

In aula c’erano anche i legali di Berlusconi, gli avvocati Franco Coppi e Nicolò Ghedini.

E una volta sedutosi davanti alla corte d’Assise, a telecamere spente, senza nemmeno la necessità di declinare le proprie generalità come sempre avviene, Silvio Berlusconi ha sbrigato la pratica con poche parole “Su indicazione dei miei legali, mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.

“Grazie a tutti” ha aggiunto l’ex premier prima di alzarsi e andarsene accompagnato da una nutrita schiera di Carabinieri.

Una scelta illeggibile quella di Silvio Berlusconi, tanto più che la richiesta della sua testimonianza arrivava da Marcello Dell’Utri, l’amico di una vita professionale e politica, condannato a 12 anni di carcere nel processo di primo grado sulla trattativa Stato-mafia per essere stato il tramite delle minacce di Cosa nostra al governo guidato a Berlusconi. Tuttavia, evidentemente, le esigenze e le scelte personali e di diritto dell’ex premier – indagato da due anni, e per la terza volta, come ipotetico mandante esterno delle stragi di mafia del 1993-94 dalla Procura di Firenze – hanno prevalso sulla volontà di portare sostegno all’amico che gli aveva chiesto aiuto.

Agli atti del processo d’Appello resta comunque una dichiarazione televisiva di Berlusconi, rilasciata all’indomani della sentenza di primo grado, in cui il fondatore di Forza Italia disse che “né nel 1994 né successivamente i miei governi hanno ricevuto alcuna minaccia dalla mafia o dai suoi rappresentanti”. Ma era una conferenza stampa, non un processo dove sarebbero poi arrivate le domande dei Pubblici Ministeri e degli avvocati. Nel contesto giudiziario, su questi argomenti, Silvio Berlusconi continua a tacere, come aveva già fatto nel processo dove Marcello Dell’Utri è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.

A

dduso Sebastiano

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