Un lungo corteo fino al palazzo della procura. Slogan, striscioni e cartelli con la scritta “capitano mio capitano”. Mobilitazione anche sui social e una petizione su change.org
span style="color: #252525; font-family: Arial, 'Helvetica Neue', Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; line-height: 23px;">Circa quattrocento persone tra studenti, genitori e docenti hanno preso parte, a Bergamo, al corteo in solidarietà di Stefano Rho, il professore di filosofia licenziato per aver fatto la pipì in un cespuglio 11 anni fa e non aver dichiarato il ‘reato’ (per il quale era stato condannato dal giudice di pace a 200 euro di multa) nell’autocertificazione richiesta per chi insegna nello Stato. Il corteo è stato caratterizzato da una fila indiana che ha raggiunto piazza Dante, davanti alla Procura, con vari striscioni, tra cui “Mentre gli innocenti sono accusati, i criminali brindano”; “così l’ingiustizia diventa legge” e “capitano, mio capitano”.
Il corteo in piazza è solo l’ultima manifestazione di protesta contro una decisione che viene ritenuta ingiusta e sproporzionata. Subito dopo il licenziamento, infatti, era stata lanciata una petizione su change.org, mentre su Facebook era stato creata una pagina. Non solo, sulla vicenda c’è anche l’interrogazione parlamentare di Antonio Misiani (Pd): “È una vicenda paradossale e assurda, chiederò tutti i chiarimenti e gli interventi necessari alla ministra della pubblica istruzione”.
La storia di Rho, 43 anni, sposato e padre di 3 figlie comincia nel Ferragosto del 2005 quando a sera tardi viene sorpreso dai carabinieri mentre fa la pipì in un cespuglio di Averara, in valle Brembana. Aveva passato la serata con gli amici a bere a mangiare e, pare, non ci fossero locali pubblici a disposizione per quella necessità. Nel suo iter, la denuncia arriva sul tavolo del giudice di pace e per il professore scatta la multa di 200 euro per “atti contrari alla pubblica decenza”. Il 2 settembre 2013 il docente firma per il ministero dell’Istruzione l’autodichiarazione in cui certifica di non aver subito condanne o provvedimenti.
Tre mesi dopo, il dirigente scolastico gli comunica che da un controllo è emerso che risulta “destinatario di un decreto penale passato in giudicato” e, sentite le sue spiegazioni, lo “censura”. Non è dello stesso avviso la Corte dei Conti, secondo la quale a un’autocertificazione non veritiera deve seguire il licenziamento. Così il dirigente scolastico di Bergamo, Patrizia Graziani, ha dichiarato la decadenza dell’insegnante.
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