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ELPASSO – Il 1669 in Sicilia, fu l’anno in cui l’Etna eruttò lava per un’intera annata, che, trasformò completamente la geografia del versante sud del vulcano. Vennero letteralmente cancellati fiumi (il Piscitello, l’Amenàno con i suoi 36 canali), laghi (il Nìcito), paesi, strade, città e spostato perfino la riva del mare, rubando chilometri alle acque marine.
Arrivati al corrente anno di grazia 2019, sono passati 350 anni da quel terribile 1669. La provincia di Catania è tutto un pullulare di iniziative per ricordare e rievocare quel triste, tragico evento, con manifestazioni, cerimonie e pubblicazioni, che aiutino a mantenere vivo il ricordo di quanto dolore e sacrificio costarono quegli eventi alle genti etnee.
Il comune di Belpasso fu uno dei più colpiti dal cataclisma, perché il suo abitato venne completamente seppellito dalla lava rovente. Allora si chiamava Malpasso e sorgeva alle pendici meridionali del cratere. Venne cancellato dalla furia del fuoco, ma i suoi abitanti non si arresero. Si spostarono di qualche chilometro più ad ovest e su una vecchia colata lavica riedificarono il loro paese, ancora più spazioso, con un piano regolatore di prim’ordine: strade larghe e diritte, che si incrociano tra loro a formare una grande scacchiera; case nuove e spaziose, tutte esposte sapientemente a sud, per godere dell’irraggiamento solare al meglio possibile; e poi orti e giardini con dovizie di piante, alberi ed arbusti profumati. Un inno alla vita, in contrasto alla tragedia vissuta, quasi a volerla rimuovere e quasi a scongiurarla per il futuro. E come segno di buon auspicio cambiarono il nome, da Malpasso in Belpasso. E posero come emblema araldico nello stemma cittadino una superba Araba Fenice, simbolo di rinascita per antonomasia. Infatti, il mitico uccello è famoso perché vive a lungo, ma ancora più famoso perché, quando finalmente muore, rinasce dalle sue ceneri con rinnovata vitalità.
Tutta questa vicenda si può “rivivere” visitando la mostra allestita nei saloni di Palazzo Bufali, nel centro storico belpassese, dal titolo: “I Bufali a Belpasso, prima e dopo il 1669”, realizzata dalla Fondazione Margherita Bufali Onlus. Furono costoro un nobile casato, che fu in prima linea nel patrocinare e sostenere la ricostruzione del paese dopo l’immane tragedia.
La mostra, però, più che ricordare la “gran ruina” si sofferma a sottolineare ed evidenziare il grande sforzo di ricostruzione che vide accumunate concordemente le classi sociali indistintamente: nobiltà, borghesia, maestranze, clero e popolo. Tutti protesi al comune nobile scopo. La mostra si articola in una serie di pannelli, schede didattiche, reperti, documenti e cimeli vari che tendono a far rivivere le condizioni di vita delle popolazioni etnee nel XVII secolo. Particolare riguardo è stato riservato alla coltivazione del gelso in rapporto alla produzione della seta, cosa oggi del tutto dimenticata.
La Fondazione Bufali per organizzare l’evento ha ricevuto fattiva collaborazione da parte dell’Archivio di Stato, da Sovrintendenza ai BB.CC. di Catania, della Biblioteche Riunite Ursino-Recupero, dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia di Catania.
In occasione di questo evento è stato coniato un pregiato medaglione celebrativo, raffigurante lo stemma araldico dell’ “Universitas Terrae Malpassi” del 1636.
La manifestazione ha ricevuto un grande afflusso di pubblico, oltre che dai belpassesi, anche da visitatori di tutta la zona etnea, sempre sensibili alle tematiche connesse alla convivenza con quella che loro confidenzialmente chiamano: “ a Muntagna”. La loro montagna, della quale, nonostante tutto, vanno orgogliosi ed alla quale, nonostante tutto, a modo loro vogliono bene.
La chiusura della mostra era prevista per il 4 agosto, ma il tangibile gradimento del pubblico ha convinto gli organizzatori a rimandare fino a dopo le festività del ferragostane.
Carmelo TOSCANO
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