La vertenza aperta dai sindacati della Regione Siciliana sul rinnovo del contratto per le quattro categorie di dipendenti regionali dell’Isola, con aumenti previsti tra gli 80 e i 130 euro mensili, ha trovato il suo, consueto armistizio in uno stanziamento nella nuova finanziaria di 52 milioni di euro per far fronte a tale richiesta.
Per il rinnovo del contratto dei dipendenti regionali ci sono pertanto 52 milioni nel Bilancio previsionale 2021-2023 e nel disegno di legge di Stabilità approvato dal Governo regionale del Presidente Nello Musumeci (centrodestra) con la relazione dell’Assessore all’Economia Gaetano Armao e le proposte dei singoli componenti della Giunta.
Il provvedimento nella Finanziaria che stanzia i fondi per i rinnovi di contratto e la riqualificazione del personale dovrà superare l’esame dell’Assemblea Reginale Siciliana (Ars).
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umenti da 80 a 130 euro mensili per i dipendenti regionali siciliani nel rinnovo del contratto per le quattro categorie di dipendenti.
Nonostante 300 milioni di tagli necessari per compensare le minori entrate fiscali, l’Assessore regionale alle Autonomie locali e alla Funzione pubblica, Marco Zambuto è riuscito ad ottenere i 52 milioni di stanziamento.
I sindacati si dicono già ottimisti sulla possibilità di fare anche meglio appoggiandosi alle risorse del Recovery Fund.
E nella norma è prevista anche lo stanziamento di fondi per la riclassificazione del personale (e di conseguenza delle mansioni): dalle attuali 4 fasce (A,B,C,D) la regione pensa di scendere a tre, mentre i sindacati vorrebbero arrivare persino a due. La riduzione delle fasce comporterebbe infatti un’automatica promozione e aumento di stipendio per una buona fetta del personale.
L’opinione.
Si fossero mai visti i miglioramenti burocratici e fattivi, tanto declamati in questi decenni dopo gli innumerevoli rinnovi di contratti nel sistema pubblico, sarebbero stati condivisibili gli aumenti. Invece nel sistema pubblico-politico si è assistito nel tempo a clientelismo, favoritismo, familismo, connivenza, corruzione, concussione, accidia, sprezzo, mercimonio, omertà e anche di peggio. Insomma, è notorio, seppure quasi non si può dire pena ritorsioni di ogni genere, che dietro le quinte la trasversale politica e i sindacati sono stati da sempre compiacenti al “tavolo” inerente la “divisione” della Cosa pubblica (e società) siciliana e italiana, in questa maniera garantendo elettoralmente anche la prosecuzione del conclamato sistema politico-istituzionale-giurisprudenziale-burocratico. Tanto il debito pubblico e l’estorsione fiscale li pagano (forzosamente e pertanto ineluttabilmente assoggettati) i cittadini produttivi, lavoratori, privati e operosi. Tranne infatti per chi non può o non vuole vedere (molti), così funziona risaputamente (quanto altrettanto in modo dissimulato) l’Italia e la Sicilia. Inoltre con le centinaia di miliardi di euro che dovrebbero ora arrivare dell’Europa, tranquilli, dureremo ancora alcuni anni.