Assalto al Campidoglio: i morti salgono a 6. Morto un altro agente di Capitol Hill. Il capo della polizia di Capitol Sund si è già dimesso.
Assalto al Campidoglio: i morti salgono a 6. Morto un altro agente.
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seguito della violazione del complesso del Campidoglio degli Stati Uniti da parte di una folla che sostiene il presidente Trump, assalto che ha lasciato sul campo, ad ora, anche 6 vittime, il capo del dipartimento di polizia, Steven Sund, si è già dimesso dal suo incarico sin da venerdì, giorni prima quindi di quanto aveva detto che avrebbe fatto (16 gennaio).
Al suo posto è passata al comando l’assistente capo Yogananda D. Pittman che è stata una delle prime supervisori di colore femminile a diventare capitano nel 2021 e poi promossa a vice capo nel 2018.
Le dimissioni di Sund furono subito richieste dal presidente della Camera Nancy Pelosi in quanto ritenuto colpevole di non aver richiesto un aiuto significativo da altre forze dell’ordine già da prima dell’assedio al Campidoglio, che si era poi avuto quando i legislatori si erano riuniti per certificare la vittoria del presidente eletto Joe Biden, e Sund aveva dichiarato che si sarebbe dimesso il 16 gennaio.
Come già indicato si è, ivece, dimesso prima (venerdì scorso) ma, nel congedarsi ci ha tenuto a precisare che, contrariamente all’affermato, lui aveva cercato subito tale aiuto ma che la sua richiesta era stata prima respinta dai suoi capi al Congresso e che, solo dopo un’ora, era riuscito a farsi dare il consenso.
Comunque siano realmente andate le cose (ma si sarebbe portati a credergli visto che forme di lassismo e “benevolenza”, da tanti interpretata finanche come collaborazione con i rivoltosi, ci sono state e che del tutto continuano ad emergere sempre più prove), resta il fatto che, ad ora, si son dovute registrare anche 6 vittime visto che, dopo l’agente Brian D. Sicknick , morto giovedì dopo essere stato travolto dalla folla, e Ashli Babbitt, colpita a morte da un agente mentre tentava di scardinare la porta d’accesso all’aula del Campidoglio, ieri è morto anche Howard “Howie” Liebengood, 51 anni, figlio e omonimo di un ex sergente d’armi del Senato, lobbista e membro dello staff di Hill.
Liebengood, era in servizio al dipartimento dall’aprile 2005 ed era stato assegnato alla divisione del Senato dove spesso prestava servizio all’ingresso del Delaware del Russell Senate Office Building.
Sulle cause della sua morte permane il silenzio sia del sindacato di polizia che del comando della Polizia del Campidoglio dal quale è giunta unicamente una secca comunicazione pubblicata sul loro sito e che così recita:
Off-duty Death of USCP Officer Howard Liebengood
January 10, 2021 Press Release
The United States Capitol Police is deeply saddened by the off-duty death on January 9, 2021, of Officer Howard Liebengood, age 51. He was assigned to the Senate Division, and has been with the Department since April 2005. Our thoughts and prayers go out to his family, friends, and colleagues.
We ask that his family, and other USCP officers’ and their families’ privacy be respected during this profoundly difficult time.
Morte fuori servizio dell’agente dell’USCP Howard Liebengood
10 gennaio 2021 – Comunicato stampa
La polizia del Campidoglio degli Stati Uniti è profondamente addolorata per la morte fuori servizio, avvenuta il 9 gennaio 2021, dell’agente Howard Liebengood, di 51 anni. È stato assegnato alla Divisione del Senato ed è con il Dipartimento dall’aprile 2005. I nostri pensieri e le nostre preghiere uscire dalla sua famiglia, dagli amici e dai colleghi.
Chiediamo che la sua famiglia, e la privacy degli altri ufficiali dell’USCP e delle loro famiglie sia rispettata durante questo periodo estremamente difficile.
Intanto c’è da annotare ancora che solo ieri, Domenica 10 Gennaio 2021, Donald Trump ha fatto abbassare, alla Casa Bianca, la bandiera a metà per onorare l’ufficiale di polizia del Campidoglio degli Stati Uniti Brian D. Sicknick e l’agente fuori servizio Howard “Howie” Liebengood, ma tant’è: meglio tardi che mai, no?
Intanto, tra le tante voci che si rincorrono, c’è anche quella del dipartimento di giustizia che afferma che le affermazioni sui social media secondo cui uno dei suoi funzionari stia lavorando con Trump per perdonare i rivoltosi non è vero.
L’accusa era stata diffusa da un post sui social per cui ora il Dipartimento di Giustizia ha smentito il tutto affermando, sabato che il post non era vero, che il suo Office of the Pardon Attorney non era sui social media e che “non era coinvolto in alcun tentativo di perdonare individui o gruppi coinvolti negli atti atroci che hanno avuto luogo questa settimana dentro e intorno al Campidoglio degli Stati Uniti”.
Il post, falsamente attribuito (a quanto dicono) a Rosalind Sargent-Burns, l’avvocato per la grazia del Dipartimento di Giustizia, affermava:
“POTUS sta fortemente considerando di PERDONARE tutti i patrioti che hanno #stormthecapitol”.
Di incontestabile resta che Trump sta usando i pochi giorni che gli restano prima del passaggio delle consegne, per provare a perdonare amici e alleati, tra cui Michael T. Flynn, il suo primo consigliere per la sicurezza nazionale, dichiaratosi colpevole di aver mentito all’FBI, e Charles Kushner, il papà di Jared Kushner, genero del presidente, che è stato condannato con l’accusa di contributi illegali alla campagna, evasione fiscale e manomissione di testimoni.
Ovviamente, va da sé, si dice che Trump stia esplorando anche la possibilità di perdonare anche sé stesso. Mossa questa che sembra essere stata confermata da due persone vicine a Trump e a conoscenza delle discussioni, ed è anche a causa di queste ulteriori mosse spregiudicate di Trump che la Pelosi, i democratici tutti e finanche sempre più repubblicani, spingono per un impeachment veloce di Trump.
Intanto, oggi, i Democratici hanno presentato la richiesta di impeachment che accusa il presidente Trump di “incitamento alla violenza contro il governo degli Stati Uniti” e che potrà essere ritirata solo qualora il vicepresidente in carica, Mike Pence, desse il via al 25 ° emendamento per dimettere subito Trump.
Per chiudere il quadro odierno, si è appreso anche che la Corte Suprema non metterà le sfide elettorali di Trump su un binario veloce.
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Fonte e video: The Waschington Post
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