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Arena di Verona: La Traviata per la regia del compianto Zeffirelli

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tavolta all’Arena non hanno badato a spese: scenografia kolossal di sicuro impatto emotivo. Si coglie palpabile la sensazione che non si è ancora spento l’eco della sua recente scomparsa: infatti, lo spirito di Franco Zeffirelli sembra ancora aleggiare tra le pietre millenarie del vetusto anfiteatro.

Arena: Sontuoso allestimento di Traviata per la regia del compianto Zeffirelli.

Questo allestimento suona come un caloroso omaggio postumo al Maestro, e testimonia la vitalità complessiva della sua creazione artistica. Scene tradizionali, come sua tendenza estetica che rifugge dal modernismo tout court, ma sontuose ed eleganti come il suo stile, appunto. Tradizionali si, ma nella cifra del buon gusto e della raffinatezza: colori, panneggio, merletti, ori e dorature, forme e figure… tutto in un unico colpo d’occhio stilistico. Senza sbavature né stonature. Non è poco. Anzi è molto. Unico appunto che ci sentiamo di fare è alla scenografia del primo atto, che sembra lo spaccato di un’abitazione nei modellini in scala.

Risultano soffocati gli ambienti a pianterreno che non possiedono la giusta altezza proporzionata allo sfarzo di quei saloni, e risultano mortificati gli ambienti al piano superiore, che richiamano tanto l’idea di un soppalco piuttosto che il piano nobile di un lussuoso palazzo parigino. Tuttavia è un dettaglio cui si può soprassedere. La percezione dell’insieme scenografico è più che gradevole.
Per la precisione, il disegno registico globale reca la firma del Maestro ma figure imprescindibili nella realizzazione di questa messa in scena sono Massimo Luconi, regista collaboratore e Stefano Trespidi, vicedirettore artistico dell’Arena, che con il loro impegno  congiunto hanno sopperito alla mancata presenza materiale del grande vecchio, ormai impedito dalle sue precarie condizioni di salute.
È di pubblico dominio che la gestione della Fondazione Arena non navighi in acque distese e serene. Ci sono polemiche che interessano le responsabilità apicali e che si riverberano sotto forma di disagi per dipendenti e maestranze. Maestranze che, nonostante tutto, riescono a dare il meglio di se stesse, dando vita ad uno spettacolo di pregio. E a tal proposito un plauso merita Michele Olcese, direttore degli allestimenti scenici.

“Traviata” è un’opera che regala emozioni dall’inizio alla fine, perché la tragedia della malattia e del “sacrificio” di Violetta hanno commosso generazioni e, sicuramente, continueranno a commuovere. Infatti il suo ininterrotto successo inizia sin dal 1854 e dura tutt’oggi.

Lo spumeggiante valzerone del brindisi in apertura del primo atto è sempre un momento di magico rapimento emotivo, che stavolta cantanti, coro ed orchestra hanno reso con efficacia meno contagiosa delle aspettative. Tuttavia il pubblico ha gratificato gli artisti con il consueto applauso di ringraziamento. Per il resto la trama dello spettacolo si dipana con naturalezza, sia nel fluire scenico che nei momenti topici di grande pathos come Verdi li immaginò. Il ritmo del valzer, questa danza borghese e mondana, serpeggia per tutta vicenda, facendo da contraltare alla drammaticità degli eventi, che recano dolore e morte. Ma l’affanno maggiore dei protagonisti è proprio quello di esorcizzare l’idea della morte con la danza, che evoca momenti di felicità passata e incita a speranze future. Vane. Perché Violetta finge doppiamente, sia nel disprezzare l’amore di Alfredo sia nel misconoscere le sue vere condizioni di salute.

Il soprano statunitense Lisette Oropesa, ha l’età ed il fisico adatti per affrontare il ruolo di Violetta, che ha interpretato con una resa canora rotonda e melodiosa e muovendosi in scena con la grazia di una libellula. Questa donna all’età di18 anni pesava 95 kg ma il suo impegno l’ha portata a diventare maratoneta e vegetariana per perdere 40 chilogrammi di peso e raggiungere, così, una forma fisica adatta per interpretare i tanti ruoli in maniera appropriata e gradevole. Tutto questo aggiunge merito umano ai suoi meriti artistici.
Vittorio Grigolo, sarà stato per l’emozione, nel primo atto non è riuscito a tirar fuor tutta la sua grinta vocale, che invece si è dispiegata a pieno nel secondo e soprattutto nel terzo atto, realizzando una performance del personaggio di Alfredo di buon livello, sia canoro che recitativo.

Leo Nucci con il suo placido aspetto riesce a dare un po’ di umanità a Germont padre, che di per sé è figura di gretto borghese attaccato agli interessi. Il suo canto è da navigato del palcoscenico e fluisce sicuro e robusto.

Buona prestazione hanno offerto i comprimari: Marcello Nardis (Gastone) e Daniela Mazzuccato (Annina). Anche le parti di fianco hanno ben figurato: Clarissa Leonardi (Flora), Nicolò Ceriani (Barone), Dario Giorgelè (Marchese), Alessandro Spina (Dottore), Max Casotti (Giuseppe), Stefano Rinaldi Miliani (Domestico/Commissario).

Effervescente la direzione dell’orchestra da parte del pirotecnico maestro Daniel Oren, che accompagna il canto ma non lo sovrasta. Solo la seconda orchestra fuori scena non è riuscita ad avere la giusta dosatura, perché spesso copriva acusticamente lo svolgersi dell’azione principale. È questa l’autenticità della “diretta”, però.

Coro sempre possente e coinvolgente, preparato dall’ottimo Vito Lombardi.

Costumi dai gradevolissimi colori pastello ed eleganti nelle varie forge, curati da Maurizio Millenotti. Coreografie nitide di Giuseppe Picone, direttore del corpo di ballo del san Carlo di Napoli e primo ballerino egli stesso in precedenti recite di questa “Traviata” areniana.

Teatro gremito, tranne qualche defaillance in platea; pubblico caloroso e generoso di applausi, soprattutto per la Oropesa, ma anche per gli altri due protagonisti maschili. Tra gli inchini dei ringraziamenti finali, il maestro Daniel Oren ha coinvolto artisti, orchestrali e spettatori in un corale bis del “Brindsi”, concludendo la serata in un clima festaiolo che ha scaldato l’entusiasmo di tutti: cantanti euforici per gli applausi mietuti e pubblico gratificato di uno spettacolo molto piacevole in una atmosfera sempre magica. Come solo l’Arena sa creare e regalare.

Recensione dello spettacolo di Sabato 17 agosto
Carmelo TOSCANO

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