La Prof.ssa Marcella Raiola ci ha inviato il testo di un suo “appello ai docenti”. Testo che noi pubblichiamo nella sua integrità e totalità.
APPELLO AI DOCENTI: fermiamo il nuovo esame di maturità: la Scuola merita rispetto!
Il testo che segue è redatto e diffuso dalla sottoscritta a titolo personale.
L
a sottoscritta, incredula rispetto a quanto sta avvenendo nella Scuola e nel paese e, soprattutto, rispetto alla rapidità con cui sta avvenendo, che induce a ridurre i tempi dell’analisi e postula L’AZIONE, auspica che noi docenti, insieme agli studenti e alle studentesse, iniziamo a pretendere il rispetto della libertà di insegnamento e di apprendimento, e a rivendicare il diritto alla partecipazione alle decisioni che riguardano i momenti cruciali del percorso educativo, RIFIUTANDOCI di prendere parte alle frettolose e indegne “SIMULAZIONI” e agli incontri di indottrinamento che i “tecnici” stanno organizzando nelle Scuole per normalizzare un format d’esame umiliante, che vede il trionfo di Invalsi e Alternanza Scuola-lavoro e decreta la fine della Conoscenza. Questo, solo questo, più di ogni corteo disperato e di ogni inutile sciopero “salva-reputazione”, può bloccare l’infernale macchina governativa parafascista che sta uccidendo la Democrazia, la Costituzione, la nostra amatissima SCUOLA.
La riconversione forzata della Scuola, che da organo costituzionale garante della crescita civile e culturale è stata trasformata in un’azienda, piramidale nelle relazioni tra i suoi membri e finalizzata alla produzione di manodopera flessibile e acritica, in ossequio al diktat di un Mercato reso più che mai onnipervasivo e allergico alle tutele dalla crisi iniziata nel 2008, ha trovato nei docenti, privati della libertà di insegnamento e delle prerogative strutturalmente connesse al loro ruolo, una fortissima opposizione, che si è espressa con inedita determinazione per un intero decennio di lotta.
Constatata la sostanziale connivenza dei sindacati concertativi, gli insegnanti si sono organizzati per scongiurare il passaggio dagli interventi educativi collegialmente programmati della scuola buona al volgare marketing di facciata della “Buona Scuola”, imposto con il varo di quella Legge 107/15 che il governo Renzi ha licenziato col ricatto dell’ennesima fiducia.
Con un intervento fortemente ideologico e classista, contrabbandato per aggiornamento puramente tecnico, e con la retorica dello svecchiamento del sistema, della valorizzazione del “merito” e dell’imparzialità della valutazione (attraverso la pervasiva invadenza degli insulsi test standardizzati e per nulla oggettivi dell’Invalsi), i governi di centrodestra e centrosinistra hanno ridotto il diritto all’istruzione a un servizio erogato a diversi livelli di qualità. Per mascherare questo regresso sociale e civile, hanno emanato una miriade di contraddittorie direttive, facendo della Scuola un laboratorio permanente di alchimie docimologiche e pedagogiche da sperimentare sugli studenti, usati come cavie, e sui docenti, trattati da servi sciocchi.
Gli insegnanti, infatti, sono stati più volte obbligati ad estenuanti e non condivise ridefinizioni di obiettivi, metodi e finalità di un apprendimento sempre più burocratizzato e sacrificato sull’altare di quelle nebulose “competenze” il cui statuto scientifico è stato autorevolmente dichiarato inconsistente o inesistente, e che pure i docenti sono paradossalmente tenuti a certificare.
L’emergere delle innumerevoli criticità operative della balorda L. 107 – come nel caso dell’incostituzionale “chiamata diretta”, mai praticata dalla maggior parte dei presidi – e delle stridenti incompatibilità con il dettame costituzionale, non ha tuttavia indotto il governo attuale ad intraprendere politiche diametralmente opposte.
Il ministro Bussetti, anzi, invece di espellere il costoso e autoreferenziale carrozzone Invalsi dalla Scuola e di eliminare la regressiva “alternanza scuola-lavoro”, che assicura ad enti e imprese quote cospicue di lavoro gratuito estorto a studenti-apprendisti, ingranaggi di un sistema che li vuole docili e omologati, ha emanato, in perfetta continuità con il governo precedente, e con la stessa intempestività, nuove direttive sull’esame di maturità. L’adeguamento dell’esame al nuovo corso inaugurato dalla “Buona Scuola” era anticipato nel decreto attuativo 62 del 13/04/2017, ma questo non deresponsabilizza il ministro, perché
lo stesso decreto demanda esclusivamente al titolare del dicastero l’onere di predisporre tempi e modalità delle prove d’esame.
Non sono più contemplati né il tema di storia né la terza prova; sconvolto anche il format della seconda prova, che ora può sussumere due materie, giustapposte in modo specioso e fuorviante; vanificato, infine, il contributo personale e critico degli studenti al colloquio, che è articolato in modo grottesco, che prevede un lavoro preparatorio impossibile a svolgersi nel corso dell’esame e che finisce, dunque, con il mettere al centro dell’orale l’esperienza di alternanza scuola-lavoro, che finora ha fatto peraltro registrare numerosi casi di abuso.
Gli “esperti” che hanno stravolto la formula dell’esame, decidendo per tutta la categoria cosa è meglio testare e come, e stabilendo che è sufficiente fare un paio di simulazioni affrettate per indirizzare maturandi che da quattro anni stanno lavorando su diversi paradigmi compositivi e analitici, hanno candidamente ammesso che l’imposizione di un modello di esame differente serve a retroagire sulla programmazione e sulle pratiche didattiche individuali, a costringere gli insegnanti, cioè, ad ubbidire a un diktat, ad appiattirsi sull’ideologia liberista sottesa al modello di formazione disegnato dall’imprenditoria, e ad adottare i metodi pretesi dal suo prepotente dispiegarsi olistico.
Non solo! Gli stessi “esperti” hanno anche dichiarato che le griglie di valutazione che verranno imposte per uniformare i giudizi su tutto il territorio nazionale (altro strappo alla libertà di insegnamento) sono state approntate per impedire che gli studenti del Sud conseguano voti più alti, cosa ritenuta impossibile o inverosimile. Insomma: il doloroso e vieto pregiudizio antimeridionalista, che il leghista Bussetti ha livorosamente mostrato di condividere e di voler alimentare, si è fatto legge! Possiamo accettarlo?
Credo sia necessario esprimere tutta la nostra più ferma opposizione di docenti rispetto a un modus operandi che è uno schiaffo alla nostra dignità professionale e che copre di ridicolo la Scuola, con il suo continuo trasformismo interessato, spacciato per intrinseco dinamismo. E’ un modo di agire che disincentiva e demotiva gli studenti, oltre a evitare ancora una volta il confronto, col pretesto di quei vincoli di legge, che, in altre questioni, come quella dei migranti, viene con leggerezza ignorato o eluso.
Credo altresì che sia irrinunciabile rivendicare il diritto al rispetto, che è dovuto tanto ai ragazzi e alle ragazze che hanno strutturato il loro percorso in quattro anni di fatica, quanto a noi, esperti della didattica, ammoniti o ignorati da chi ha la continua pretesa di indottrinarci sui suoi effetti, sulle sue pratiche e sulle sue scansioni.
Non è più tollerabile sentirsi dire come e cosa si debba insegnare, con che strategie e con che spirito; non è più sopportabile che si venga bacchettati sui sistemi di valutazione e censurati rispetto ad ogni onesta assunzione di responsabilità ideologica, generatrice di vera maturazione psicologica e culturale: è grottesco, peraltro, nonché ipocrita, per chi fa ossessivamente ruotare le politiche scolastiche attorno al dogma della concretezza, che si trascuri e calpesti proprio la concreta interazione quotidiana tra docenti e studenti nelle aule!
L’esame nuovo, preludio alla regionalizzazione, cioè allo sfascio del paese, sigilla e legittima definitivamente una Scuola che “fa il dispari dentro le sue mura” (Erri De Luca), e sdogana il pensiero unico. A mio avviso, non è più il momento delle richieste di confronto. Da troppi anni il ministero intende il “confronto” come mera esposizione/imposizione dei suoi aut-aut.
Serve un compatto boicottaggio delle simulazioni nazionali, come segnale forte della nostra indisponibilità a lasciarci asservire e a renderci complici dell’asservimento del paese a logiche e pratiche che la Scuola è da sempre chiamata a contrastare! Lo dobbiamo a noi stessi, alla nostra fatica, quella fatta per qualificarci e quella fatta insieme ai ragazzi! Solo la DISUBBIDIENZA CIVILE unitaria può fermare il rullo compressore dei distruttori della storia unitaria di questo paese, che ci appartiene tutta intera, nel male e nel bene. Il nostro rifiuto materiale di collaborare con un potere dimentico delle regole democratiche, non è impraticabile né “utopistico”. Non determinerà un cambiamento immediato dello scenario politico, è ovvio, ma potrebbe almeno portare a una moratoria su questo esame così passivante e depauperante. Sarebbe una prima vittoria, dopo tante sconfitte amarissime, una vittoria della nostra categoria e della dignità del Lavoro, che ispira la prima parte della nostra vilipesa Costituzione.
Siamo vittime di scippi seriali che assumono la paradossale forma di sentenze senza appello; è inaccettabile essere inchiodati al “cosa fatta capo ha” da un governo che fa e disfa quel che vuole, che viola principi fondativi e trattati fondamentali, legiferando a colpi di fiducia o addirittura con un “tweet”; ancora più inaccettabile è soccombere alla ferale impotenza espressa dall’avverbio “ormai”, riflesso di una resa deontologica e politica che è sempre deplorevole, ma che, quando riguarda la Scuola, diventa drammatica.
(Marcella Raiola)
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