Settimana del grande rientro: in tutta Italia parte un nuovo anno scolastico e circa 8 milioni di studenti rientrano in classe con i problemi di sempre.
Anno scolastico nuovo, problemi di sempre
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iaprono i battenti delle scuole, che sono oltre 57.800, 44.896 statali e 12.935 paritarie in tutta Italia, ma i problemi restano quelli di sempre: organici incompleti, precariato, mancanza di insegnanti di sostegno, cattivo stato di manutenzione e conseguente scarsa sicurezza dei nostri istituti scolastici, carenza di asili nido.
Questi i problemi di funzionalità che i sindacati continuano a denunciare da anni, inascoltati.
Il precariato per esempio, la cosiddetta “supplentite” che quest’anno ha raggiunto dimensioni record: secondo la Cgil ci saranno almeno 122mila supplenze, ma altri sindacati parlano addirittura di 170-200mila, una quantità enorme di cattedre vacanti.
Il problema è serio, soprattutto al Nord. Per determinate materie d’insegnamento come Italiano, lingue straniere, matematica, informatica molte graduatorie della scuola secondaria di primo e secondo grado sono esaurite (si stima che resteranno vuote per assenza di candidati circa 23-25mila posti) e i concorsi non ancora avviati. A questo si aggiunge il turn-over (solo la quota 100 ha prodotto 45mila pensionamenti nella scuola, di cui 33mila insegnanti).
Nella sola Lombardia, su 15mila cattedre disponibili per le supplenze, circa la metà sarebbero ancora vuote per mancanza di candidati.
Drammatica è la carenza di insegnanti di sostegno, a causa del numero chiuso ai corsi universitari per conseguire la specializzazione. Il paradosso è che ogni anno vengono assegnate cattedre sul sostegno, per far fronte all’emergenza, a migliaia di docenti non specializzati senza che ne abbiano le competenze specifiche. Tutto questo va a discapito degli alunni disabili (circa 250 mila in tutta Italia), che non sono seguiti da insegnanti adeguatamente preparati.
Intanto, cresce il fenomeno delle Mad, cioè delle messe a disposizione dei candidati, spesso non ancora abilitati, neolaureati o anche laureandi, che inviano il loro curriculum per insegnare come supplenti nelle scuole.
Lo scorso anno furono circa 11 mila gli assunti con contratto a tempo determinato tramite messa a disposizione e quest’anno dovrebbero essere almeno il doppio, secondo Marcello Pacifico, il presidente dell’Anief. Oltre ai docenti, mancherebbero ancora circa 20mila Ata, tra personale amministrativo, tecnico e ausiliario, e circa 2mila DSGA, il cui concorso non si è ancora concluso.
Tutti siamo in grado di capire quanto siano necessarie invece la stabilità degli insegnanti, dei dirigenti e del personale dei servizi, e la continuità del personale scolastico sulla medesima scuola, per progettare percorsi didattici efficaci e stabilire relazioni costruttive, al fine di assicurare la qualità dell’insegnamento e contrastare la dispersione scolastica (l’Italia è al terzultimo posto in Europa per il numero di alunni che abbandona la scuola prima dei 16 anni).
E in una scuola sempre più precaria, l’Unione europea minaccia nuovamente un’infrazione nei confronti dell’Italia per abuso reiterato di precariato scolastico (la normativa europea prevede infatti di stabilizzare il personale dopo tre anni di contratti a temine).
Di qui l’urgenza di indire al più presto nuovi concorsi per stabilizzare il personale scolastico con tre anni di precariato. Ma il precariato non è la sola emergenza della Scuola italiana.
Anche la sicurezza nelle scuole è un problema da non sottovalutare, dato che solo il 3% degli edifici scolastici sarebbe in condizione ottimale e che oltre il 41% delle scuole si trova in zona sismica (e appena il 12,3% di esse risulterebbe adeguato alla normativa di costruzione antisismica). Per mettere in sicurezza i nostri istituti scolastici occorrerebbero investimenti ingenti, qualcosa come 14 miliardi di euro.
Che dire della carenza di asili nido? Attualmente in Italia usufruisce dei nidi pubblici solo un bambino su 10. Secondo la Cgil sarebbero circa un milione i bambini tra zero e 3 anni che non possono essere iscritti agli asili nido, perché mancano sul territorio o perché la loro retta è troppo elevata. Per far in modo che tutti i bambini al di sotto dei tre anni abbiano la possibilità di frequentarne uno, bisognerebbe investire 9 miliardi di euro.
Come si è arrivati a questa situazione? Negli ultimi vent’anni tutti i governi che si sono avvicendati hanno tagliato risorse economiche alla Scuola ed ora il sistema scolastico italiano è imploso, sembra una barca che fa acqua da tutte le parti, perché il nostro è uno dei paesi europei che investe meno nell’istruzione.
Secondo il rapporto “Education at a Glance 2019” dell’Ocse, pubblicato qualche giorno fa, tra i 28 paesi dell’Unione europea l’Italia si colloca agli ultimi posti (prima della Grecia e di qualche paese dell’Est), avendo speso nell’istruzione solo il 3,6% del pil, investimento inferiore alla media Ue (che è pari al 5%) e al di sotto di quello dei maggiori paesi europei, come Francia (5,5%) e Regno Unito (5,7%).
Durante la presentazione del programma del nuovo Governo M5S-Pd. il premier Giuseppe Conte ha parlato dell’urgenza di risolvere i problemi della Scuola italiana, dall’emergenza precariato al contrasto alla dispersione scolastica, dalla scarsa retribuzione dei docenti alla carenza di asili nido.
“Il primo, immediato intervento sarà sugli asili nido. Non possiamo indugiare oltre” ha affermato il premier, proponendosi dal prossimo anno scolastico di aumentare i posti a disposizione dei bimbi e di aiutare economicamente le famiglie, abbassando o azzerando il costo delle rette.
“È un investimento strategico per il futuro della nostra società – ha sottolineato – perché combatte le diseguaglianze sociali, che purtroppo si manifestano sin nei primissimi anni di vita, e favorisce una più completa integrazione delle donne nella nostra comunità di vita sociale e lavorativa”. Anche il nuovo ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti ha richiesto, al momento del suo insediamento, 2 miliardi di euro da destinare alla Scuola.
Il nuovo governo avrà il suo bel da fare nel reperire i fondi necessari, ma sappiamo tutti quanto sia necessario investire nell’istruzione per restituire al nostro sistema scolastico la dignità perduta, perché solo attraverso la Scuola è possibile la rinascita economica del nostro Paese.
Adelaide Cesarano
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