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Castellammare di Stabia

Allarme uova contaminate al Fipronil, Ue: 15 Paesi coinvolti, anche l’Italia. Come leggere il codice identificativo

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Il ministero della Salute precisa: ‘Sequestrati prodotti di un’azienda francese, mai messi in commercio’

span style="color: #8c8c8c;">Lo scandalo delle uova al fipronil si allarga, e ormai coinvolge più della metà dei Paesi Ue, tra cui l’Italia, che come altri 14 (Svezia, Francia, Germania, Regno Unito, Austria, Irlanda, Polonia, Romania, Danimarca, Slovenia, Slovacchia, Lussemburgo, Hong Kong e Svizzera) ha importato uova da aziende coinvolte nello scandalo. Fatto però, che di per sé, non significa abbia ricevuto uova contaminate dall’insetticida. Roma comunque ha già alzato il livello di guardia. Il ministero della Salute ha confermato che in Italia, per ora, non risultano uova o ovoprodotti contaminati dall’antiparassitario, il cui uso, in Ue, è proibito nella catena alimentare. Ma, in via cautelativa, è stato predisposto un piano di campionamenti con le autorità sanitarie regionali e i Carabinieri del Nas “in considerazione delle nuove segnalazioni sul sistema di allerta comunitario che provengono da Paesi prima non coinvolti”. 

E le autorità hanno già sequestrato prodotti provenienti da un’azienda francese che aveva usato le uova di uno degli allevamenti olandesi coinvolti nello scandalo. Prodotti che non sono mai arrivati sugli scaffali per la vendita grazie alla segnalazione della Francia, lo scorso 8 agosto. Intanto Bruxelles ha convocato per il 26 settembre un incontro di alto livello con le autorità interessate dalla vicenda. “Non è una riunione di crisi”, ha chiarito un portavoce della Commissione Ue, l’obiettivo è “migliorare l’efficacia del sistema di allerta dell’Unione sulla sicurezza alimentare”. Ma una prima discussione sul punto si avrà già il 4 e 5 settembre, a margine della riunione dei ministri dell’agricoltura Ue a Tallinn. 

Nelle ultime settimane i controlli hanno portato alla sospensione delle attività (solo in alcuni casi già ripresa) per centinaia di aziende in quattro paesi: Olanda (195), Belgio (86), Francia (5) e Germania (4). Ad oggi in soli due lotti – uno proveniente dai Paesi Bassi e l’altro dal Belgio, entrambi ritirati dal mercato – si è riscontrata una concentrazione di fipronil superiore allo 0,72 mg/kg. Si tratta del valore limite generalmente accettato dalle agenzie per la sicurezza alimentare di tutta Europa per indicare la concentrazione massima di fipronil nelle uova di gallina per cui non esiste rischio acuto per la salute. Secondo il ministero dell’agricoltura francese, 250mila uova con tracce di fipronil potrebbero essere finite nei supermercati dell’Esagono da aprile in poi. La Food Standards Agency britannica ha aumentato da 21mila a 700mila la stima del numero di uova provenienti dalle aziende coinvolte nello scandalo. Si tratta, precisa l’agenzia, dello 0,007% delle uova consumate Oltremanica ogni anno. Ma le più importanti catene di supermercati del Regno Unito hanno iniziato a ritirare dagli scaffali uova, sandwich, maionese e insalate. L’Ue produce 6,6 milioni di tonnellate di uova l’anno, 110 miliardi di pezzi stimati. Il mercato si sviluppa in gran parte su filiere nazionali, anche se esistono scambi nel mercato interno e con i paesi terzi (250mila tonnellate di export e 18mila di import), soprattutto di ovoderivati. Secondo Coldiretti nei primi cinque mesi del 2017 in Italia sono arrivate 610 tonnellate di uova in guscio di gallina dai Paesi Bassi ai quali si aggiungono 648 tonnellate di derivati. 

L’organizzazione agricola chiede di rendere “finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero”. I Verdi chiedono il ritiro “in via cautelativa tutte le partite di non prodotte in Italia su tutto il territorio nazionale”.

Come leggere il codice identificativo
257 a testa, 36,5 milioni consumate in totale ogni anno fra fresche o contenute in dolci e cibi preparati. Le uova, protagoniste delle tavole italiane, sono oggi nell’occhio del ciclone in tutta Europa per l’allarme contaminazione da Fipronil, un insetticida ad ampio spettro. A far esplodere il caso, l’esportazione di migliaia di uova ‘tossiche’ da Olanda e Belgio, ora impegnate in un reciproco scambio di accuse. Coinvolti nell’esportazione bel 15 Paesi, fra cui l’ItaliaMa quanto è reale il pericolo? In generale, nel Belpaese i controlli sono serratissimi grazie al lavoro dei Nuclei Antifrodi dei Carabinieri: basti pensare ad esempio che solo nel 2017 hanno sequestrato 2,5 milioni di uova ‘non sicure’, cioè prive di tracciabilità o con un’origine italiana falsa.

Ma volendo aggiungere qualche cautela in più, è bene imparare a leggere la ‘carta d’identità’ delle uova di tipo A (quelle fresche) obbligatoria ai sensi del Regolamento CE 2295 del 2003 e non a discrezione del produttore. Si tratta del codice che ogni singolo uovo riporta stampato sul guscio: attraverso di esso è possibile sia raccogliere tutte le informazioni necessarie sul prodotto e sia, soprattutto, rintracciarne la provenienza. A spiegare nel dettaglio significato e lettura di ogni carattere è il Codacons Piemonte.

Le prime cifre indicate nell’etichettatura del guscio – spiegano -, risultano le più importanti e facilmente comprensibili al consumatore. Esse indicano il tipo di allevamento da cui provengono le uova e il paese di origine. Le cifre successive indicano la provincia e il comune di allevamento e l’allevamento specifico da cui proviene”.

Come mostrato dalla grafica, la prima cifra indicata (che va da 0 a 3) indica la tipologia di allevamento (0 agricoltura biologica, 1 uova da allevamento all’aperto, 2 allevamento a terra, 3 allevamento in gabbia).

Le successive lettere sono invece l’identificativo dello Stato di produzione (IT nel caso dell’Italia).

Le cifre seguenti indicano invece il codice Istat del comune di produzione.

Le lettere che seguono sono invece identificative della provincia di produzione.

Le ultime cifre indicano invece nome e luogo dell’allevamento in cui la gallina ha deposto l’uovo.

Nel rigo successivo è invece presente la data di scadenza del prodotto oppure la data di deposizione.

La normativa, spiega il Codacons, è valida solo per la Comunità Europea: se la provenienza delle uova è di Paesi terzi, la dicitura sugli imballaggi sarà invece “sistema di allevamento indeterminato”. “Questo – assicurano – non deve preoccupare il consumatore italiano, poiché le uova consumate direttamente (uova fresche), di norma sono prodotte in Italia. L’Italia è un Paese esportatore di uova, quindi le uova comprate in Italia, salvo possibili rarissime eccezioni sono prodotte nel nostro Paese“.

“Ovviamente il consumatore – ricorda ancora il Codacons Piemonte -, a parte il codice sul guscio dell’uovo, avrà sempre a disposizioni le informazioni che obbligatoriamente per legge devono essere sempre ben visibili sulle confezioni delle uova, come per esempio la categoria delle uova (A), il sistema di allevamento, la data di consumo preferibile, il numero di uova confezionate, il peso, il nome e la ragione sociale dell’azienda produttrice, le modalità di conservazione e il sistema di allevamento delle uova”.

redazione/ansa/adnkronos

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