In Italia scrive l’Istat “le differenze territoriali permangono nette”. Al Sud i “livelli sono molto al di sotto della media-Italia”.
Nel resoconto “Misure del Benessere equo e sostenibile dei Territori” che annualmente pubblica L’Istat con riferimento alle province e alle città metropolitane italiane, (purtroppo) la sostanza è ormai analoga da decenni, Al SUD i “livelli sono molto al di sotto della media-Italia”.
I 56 indicatori statistici inseriti nell’edizione 2019 sono stati articolati in 11 domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi. Rispetto al Rapporto Bes nazionale, composto da 12 domini, non è considerato il Benessere soggettivo, per la mancanza di fonti di adeguata qualità statistica mentre diverse componenti del benessere sono descritte per mezzo di misure ulteriori. I dati, disponibili in serie storica, hanno consentito di osservare sia i livelli di benessere misurati per i diversi domini all’interno di ciascuna provincia, sia le differenze territoriali di benessere da varie angolazioni: la distanza che separa le province più avvantaggiate dalle più penalizzate; le transizioni tra parti basse e alte della distribuzione o il persistere nel tempo di posizioni di vantaggio o svantaggio; la dispersione complessiva tra i territori e le dinamiche di convergenza/divergenza; le relazioni tra le dinamiche territoriali e il concomitante incremento (o contrazione) del benessere nei vari domini.
La SALUTE: Continua la crescita della speranza di vita alla nascita che, dopo la flessione del 2015, nel 2017 si attesta a 82,7 anni a livello nazionale, con un guadagno medio di 2 anni rispetto al 2004. La crescita riguarda tutte le province italiane, ma le differenze territoriali permangono nette. Nel 2017 la distanza tra la città metropolitana di Napoli, in ultima posizione con 80,7 anni, e Firenze (84,0), prima insieme a Prato e Treviso, è di 3,3 anni. Resta anche confermato il vantaggio di gran parte delle province del Nord-est e del Centro (escluse quelle del Lazio), mentre livelli molto al di sotto della media-Italia accomunano i territori di Campania e Sicilia, pur con gradazioni diverse. Nel 2004 l’aspettativa di vita per le donne in Italia era di 83,6 anni contro i 77,9 degli uomini. Questa differenza (+5,7 anni) si è andata riducendo negli anni, in maniera diffusa nel territorio. I maggiori progressi, nel tempo, riguardano infatti la speranza di vita degli uomini, con un guadagno medio di +2,7 anni a livello nazionale, doppio rispetto a quello delle donne (+1,3). Nel 2017 il divario tra le donne (84,9) e gli uomini (80,6) è di 4,3 anni. Tra le province la crescita è generalizzata, sia per gli uomini che per le donne, ma le intensità sono diverse. Per la speranza di vita degli uomini gli incrementi più bassi si registrano quasi esclusivamente nel Mezzogiorno. Le differenze nella speranza di vita di uomini e donne, nel 2017, disegnano ancora una mappa variegata, che non denota un gradiente territoriale netto tra nord e sud e rivela contrasti all’interno delle regioni e delle ripartizioni.
ISTRUZIONE E FORMAZIONE: In 10 anni, dal 2008 al 2017, la partecipazione dei bambini di 4 e 5 anni alla scuola dell’infanzia è diminuita in quasi tutte le province italiane, con rare eccezioni come Bolzano (+1,5%) e Nuoro (+1,1%). Caserta (89%) e Roma (84%) registrano le contrazioni maggiori (rispettivamente -7 e -10 punti percentuali) e nel 2017 si posizionano in fondo alla graduatoria; Roma è ultima. Al primo posto, nello stesso anno, si trova Sondrio (98%). Le differenze tra le province e nelle ripartizioni non evidenziano un gradiente territoriale netto (Figura 3). Nel gruppo delle 22 province con i tassi maggiori (superiori al 94,4%) prevalgono leggermente quelle del Nord, ma ci sono anche Nuoro (98%), Oristano e Rieti (entrambe al 95%). Venezia (95%) è l’unica città metropolitana a collocarsi nel gruppo di testa. In coda alla distribuzione, con tassi inferiori al 90%, si trovano, oltre a Roma, le città metropolitane siciliane di Palermo, Messina, Catania (tutte con l’87%) e Reggio Calabria (89%), e diverse province del Nord: Bergamo, Lodi, Reggio Emilia (tutte all’89%), Pavia (87%), Parma (86%). All’università l’Italia appare divisa in due: la quasi totalità del Centro-nord insieme ad Abruzzo e Molise su livelli più elevati, la gran parte del Sud (Isole comprese) su valori decisamente inferiori. Anche nel 2017, come in tutti gli anni precedenti, Isernia è prima in Italia, con 65 diplomati su 100 che si iscrivono all’Università nello stesso anno del diploma. A Siracusa, ultima, il tasso scende al 38%, segue Napoli (42%), Palermo (44%) e Catania (42%). I punteggi medi sulle competenze alfabetiche degli studenti delle scuole superiori nel 2018 definiscono un quadro territoriale fortemente polarizzato tra le province dell’Italia settentrionale e quelle del Mezzogiorno.
LAVORO E CONCILIAZIONE DEI TEMPI DI VITA: Le differenze territoriali vedono il Mezzogiorno in costante svantaggio rispetto al resto del Paese sia nell’occupazione che nella mancata partecipazione al lavoro, nonostante gli andamenti alterni registrati durante le recenti crisi economiche. Le penalizzazioni sono maggiori e più persistenti per i giovani e per le donne in tutte le aree del Paese, soprattutto nel Mezzogiorno. In linea con l’andamento nazionale, il tasso di infortuni mortali e invalidità permanenti è in diminuzione per la maggioranza delle province italiane. Le giornate retribuite nell’anno misurano il livello effettivo di partecipazione all’occupazione per i lavoratori dipendenti e disegnano differenze più nitide tra le aree del Paese; riflettono anche la diversa incidenza dell’occupazione discontinua e stagionale nei territori. Le cinque province con i valori più bassi sono nel Mezzogiorno: Vibo Valentia (59%) è ultima assoluta, preceduta da Nuoro, Foggia, Salerno e Lecce, tutte intorno al 65%. Nessuna provincia o città metropolitana del Mezzogiorno raggiunge la soglia delle 80 giornate su 100; nessuna provincia del Nord-ovest scende sotto le 70 giornate su 100, valore minimo toccato ad Aosta. L’andamento nel tempo di questa misura riflette gli effetti della crisi economica, in particolare tra il 2009 e il 2012, mentre negli anni successivi le dinamiche territoriali sono diversificate. Il Nord, tornato ai livelli pre-crisi nel 2014, prosegue il trend crescente negli anni successivi, seppure con andamento discontinuo; nel Centro e nel Mezzogiorno lo stesso recupero si verifica nel 2016, con un successivo generalizzato calo nel 2017.
BENESSERE ECONOMICO: Dopo la flessione registrata nel periodo 2012-2014, il reddito medio disponibile pro capite è tornato a salire, in modo significativo e diffuso dal punto di vista territoriale, segnando, a livello nazionale, un +3,6% tra il 2014 e il 2016 (circa 600 euro in più per residente, in valori correnti). Le divergenze tra il Centro-nord e il Mezzogiorno restano elevate, come conseguenza di diverse condizioni del mercato del lavoro, delle caratteristiche strutturali socio-economiche dei territori a confronto, dell’azione redistributiva dello Stato e degli Enti locali. L’indicatore rappresenta infatti una stima delle risorse a disposizione delle famiglie, derivanti dal complesso dei redditi da lavoro (che rappresentano il capitolo più significativo) e da capitale, dei proventi delle attività di autoconsumo e dei trasferimenti netti che affluiscono alle famiglie. Secondo le stime dell’Istituto Tagliacarne, nel 2016 il reddito medio disponibile pro capite in Italia è di circa 18.200 euro. Nel Nord-ovest è di 21.500 euro, 8mila euro in più del valore medio del Mezzogiorno (+60%). A livello territoriale si passa da meno di 11 mila euro a Crotone e Vibo Valentia a 26.700 euro circa nella città metropolitana di Milano. Il benessere economico delle famiglie e degli individui dipende anche dallo stock di patrimonio (attività reali e finanziarie) accumulato nel corso del tempo. Il patrimonio pro capite in Italia declina complessivamente, da circa 155.900 euro del 2012 a 153.300 del 2016.
LA QUOTA DI SCUOLE ACCESSIBILI: Dal punto di vista fisico-strutturale a partire dall’anno scolastico 2017/2018 è misurata su tutte le scuole, da quelle dell’infanzia fino alle secondarie di secondo grado, e fornisce quindi una stima più completa sulle condizioni oggettive per l’inclusione delle persone con disabilità. Le differenze territoriali sono ampie, nonostante l’accessibilità degli edifici scolastici sia prevista da disposizioni legislative a tutela dei diritti all’istruzione e all’inclusione sociale. Il gradiente nord-sud è definito e si osserva un discreto grado di omogeneità tra le province di una stessa regione. La penalizzazione del Mezzogiorno è netta. Nel gruppo delle 23 province più svantaggiate, dove meno di una scuola su cinque è totalmente accessibile, se ne trovano 18 del Sud e delle Isole. Differenze evidenti si riscontrano tra le province della Sardegna: la distanza tra Cagliari (38%) e Sassari (27%) è di circa 11 punti percentuali.
POLITICA E ISTITUZIONI: Il considerevole aumento della popolazione detenuta nelle carceri ha aggravato lo strutturale affollamento degli istituti di pena che, oltre a determinare un peggioramento delle condizioni di vita dei detenuti, pone problemi per la tutela dei diritti inalienabili della persona. Dopo tre anni di crescita consecutiva, al 31 dicembre 2018 il numero dei detenuti in Italia si avvicina alla soglia di 60mila, più della capienza regolamentare (circa 50.500 posti) definita nel rispetto degli standard minimi di spazio necessario per persona. La capacità di riscossione delle Amministrazioni comunali raggiunge il 79% nel 2016 (+9 punti percentuali rispetto al 2013). Questo valore indica che per 100 euro di tributi comunali dovuti, quasi 80 sono stati effettivamente incassati dagli Enti nello stesso anno, e misura quindi l’efficacia e l’efficienza nella gestione della fiscalità locale. Il Centro-nord, in un contesto di maggiore omogeneità territoriale, si attesta su valori compresi tra il 71% di Trento e l’86,6% di Firenze. All’opposto, i valori più bassi (tra il 64,6% e il 71,0%) si registrano a Isernia, Ragusa, Trapani, Reggio Calabria e Trento.
SICUREZZA: Nel 2017 sono stati commessi 0,6 omicidi per 100mila abitanti in media nazionale. Il Mezzogiorno è l’area più penalizzata del Paese mentre i valori più bassi sono particolarmente concentrati nelle province del Nord. Il primato negativo è conteso tra Vibo Valentia, con 4,3 omicidi per 100mila abitanti, Foggia (3,2) e Nuoro (2,8). Il tasso di delitti violenti denunciati, che considera un più ampio insieme di fattispecie delittuose, descrive anch’esso un quadro territoriale variegato (17 per 10mila abitanti la media-Italia), con punte di particolare intensità in alcune province che emergono per contrasto rispetto all’area geografica in cui si collocano, connotata da minore incidenza del fenomeno. Napoli (31,5), Rimini (29,6), Milano (26) e Imperia (24,5) ne sono i principali esempi. A Pordenone spetta invece il primato positivo assoluto nell’anno (8,5 per 10mila abitanti). In linea generale questo fenomeno è più intenso nelle città metropolitane, in particolare al Centro-nord. La maggiore penalizzazione delle città metropolitane e del Centro-nord è confermata dal tasso di delitti diffusi, che tiene conto delle denunce di furti di ogni tipo e delle rapine in abitazione. I tassi più bassi nell’anno sono invece quelli di Messina e Cagliari (96 e 117 rispettivamente).
PAESAGGIO E PATRIMONIO CULTURALE: Nel 2017 l’indicatore di densità e rilevanza del patrimonio museale, che considera sia la densità territoriale delle strutture che il numero annuo di visitatori, è pari a 1,6 per il complesso dell’Italia. Nelle posizioni più arretrate si trovano gran parte delle province del Mezzogiorno, in particolare quelle delle Isole. L’ultima in assoluto è Caltanissetta (0,03) mentre Caserta, Trapani e Siracusa emergono in positivo collocandosi nel gruppo di testa, su valori vicini alla media Italia (1,7). Prosegue la diffusione sul territorio nazionale delle aziende agrituristiche, nel 2017 sono 7,7 ogni 100 kmq, con un incremento del 3% rispetto al 2016. Sebbene nel Mezzogiorno la ricettività rurale è inferiore alla media nazionale, ma sono presenti diverse province a maggiore vocazione, quali Teramo (12,4), Pescara (8), Napoli (8,6) e Benevento (7,3). Da segnalare la provincia di Siracusa (8,9), unica provincia siciliana vicina alla media nazionale.
AMBIENTE: Nel 2017 le coperture artificiali pesano per il 7,7% sull’intero territorio nazionale, secondo le stime dell’Ispra. La distribuzione geografica è difforme. Nelle città metropolitane è maggiore l’effetto dell’urbanizzazione e la conseguente diffusione di coperture artificiali. In particolare Napoli e Milano presentano estese superfici artificiali, che coprono tra i 400 e i 500 kmq di territorio con valori rispettivamente del 34% e del 32%. Qui, dal 2016 al 2017, la perdita di suolo è stata di circa 1 kmq. La quota di consumi interni di energia elettrica coperti da fonti rinnovabili (31,2% la media-Italia), dopo diversi anni di sostanziale stabilità, ha segnato una lieve riduzione complessiva tra il 2016 e il 2017. In controtendenza la provincia di Caltanissetta che in cinque anni ha aumentato del 127% la propria quota. Pur essendo il territorio italiano uno dei più virtuosi nel contesto europeo per quanto riguarda la produzione e l’utilizzo di energia alternativa sostenibile, circa la metà delle province italiane resta ancora su livelli inferiori al 27%, valore-target definito nell’ambito del “quadro per il clima e l’energia 2030” adottato nell’ottobre 2014 dall’Unione europea.
INNOVAZIONE, RICERCA E CREATIVITA’: La mobilità dei giovani laureati italiani, seppur in maniera indiretta, spiega le differenti opportunità di occupazione qualificata che connotano i territori. Nel 2017 il saldo per l’Italia è in perdita, sono circa 10.500 i giovani tra i 25 e i 39 anni che hanno trasferito la propria residenza all’estero. Il Mezzogiorno nello stesso anno ha visto emigrare in media 23 laureati ogni mille residenti. Al Centro il saldo è solo lievemente negativo (-3 per mille) e al Nord che invece registra un saldo positivo (+8 per mille). Gli addetti nelle imprese culturali rappresentano un sottoinsieme dell’occupazione culturale complessiva, che include i lavori svolti in altri settori dell’economia privata e nei settori pubblici e non profit. Questo valore medio, in lieve declino a partire dal 2008, mostra dinamiche territoriali piuttosto diversificate. Al Nord i valori dell’indicatore, ancorché bassi, delineano una relativa stabilità dell’occupazione culturale (intorno all’ 1,5% per tutto il periodo), nel Mezzogiorno sono in costante declino (dall’1,2% del 2008 all’1,0% del 2016) mentre il centro Italia è la ripartizione trainante malgrado un leggero calo nell’ultimo anno (1,8%).
QUALITA’ DEI SERVIZI: Lo svantaggio del Mezzogiorno emerge anche nel contesto della qualità dei servizi. Per quanto riguarda l’irregolarità del servizio elettrico, nel 2016 si sono registrate 2,6 interruzioni senza preavviso di durata media superiore ai 3 minuti per ciascun utente del Mezzogiorno, contro le 1,2 del Nord e le 1,6 del Centro (1,8 la media-Italia). I disservizi più frequenti si sono concentrati in Campania, in particolare nelle province di Benevento (4,5), ultima assoluta in Italia nell’anno considerato, e Caserta (3,7), oltre che nella totalità delle province siciliane, con incidenze comprese tra le circa 4 interruzioni in media per utente a Trapani, Agrigento e Enna e le poco meno di 3 a Caltanissetta e Siracusa. I disservizi si sono progressivamente concentrati in territori tra loro vicini, in particolare nel Mezzogiorno, unica area del Paese a registrare, fino al 2015, un peggioramento dei livelli iniziali, e quindi un allontanamento dal Centro-nord. Però nell’ultimo anno questa tendenza sembra essersi invertita, anche se i peggioramenti più decisi, dell’ordine di 0,5 punti in più rispetto al 2004, interessano soprattutto le province del Mezzogiorno: Brindisi (3 interruzioni medie per utente nel 2016), Lecce (2,3), Palermo (2,9) e Ragusa (2,5).
Le parti evidenziate in rosso insieme all’immagine di copertina, si ritengono eloquenti del perché da decenni si recita che cambierà tutto senza che cambi nulla. Una Nazione ipocrita, dagli scranni più alti fino all’ultimo sgabello del sistema pubblico-politico, il quale nel tempo ha infettato pure la società.
A
dduso Sebastiano
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