Ahmad Khan Rahami, il 28enne di origini afghane considerato l’autore dell’attentato a Chelsea, è stato arrestato grazie a una segnalazione. Durante la caccia all’uomo – durata dieci ore – le autorità hanno mandato un messaggio di allerta ai cittadini con l’invito a chiamare il numero di emergenza 911. Ahmad, racconta un suo amico, era andato in Afghanistan, e al «suo ritorno era un’altra persona». Il padre del terrorista ha combattuto in Afghanistan con i mujaheddin. L’eroe del giorno a New York è James O’Neill, il nuovo capo della polizia che ha debuttato il giorno delle bombe e 24 ore dopo ha catturato l’autore dell’attacco.
L’ombra del radicalismo: “Ahmad andò in Afghanistan, al ritorno era un altro”
Il racconto di un amico d’infanzia: non lo avevo mai visto così
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l 28enne di origini afghane con passaporto americano a cui le forze dell’ordine hanno dato la caccia per circa dieci ore. Secondo gli inquirenti non ci sono dubbi, è lui l’autore dell’attentato bomba avvenuto sabato alle 20,30 nel quartiere di Chelsea a New York, che ha causato 29 feriti, già tutti dimessi dagli ospedali. E sarebbe lui ad aver portato quattro isolati più a Nord un secondo ordigno realizzato con una pentola e un telefono cellulare usato come detonatore. Ma c’è di più, perché ci potrebbe essere lo stesso Rahami dietro le esplosioni di Seaside Park, in New Jersey, avvenute nel corso di una marcia benefica sempre sabato, e dietro il borsone di ordigni rudimentali ritrovato alla stazione ferroviaria di Elizabeth. Eppure ad ascoltare i vicini della famiglia afghana di origini e musulmana di fede la sensazione era quella di aver davanti tutt’altra persona. Un ragazzo «normale», «amichevole», che vestiva all’occidentale e offriva spesso pasti gratis ai clienti più affezionati del «First American Fried Chicken». Ahmad Rahami, quindi, era apparentemente un bravo ragazzo, con la passione per le auto da corsa e che trascorreva molto tempo con gli amici in strada, o nello stesso locale di famiglia. Eppure è l’uomo che ha terrorizzato l’America: la sua fuga dopo le bombe a New York e alla stazione di Elizabeth è finita proprio nel «suo» New Jersey, a Linden, piccola cittadina a meno di 30 chilometri da Elizabeth.
Allora cosa è cambiato in Ahmad, o meglio cosa ha cambiato Ahmad? A raccontarlo è Flee Jones, un 27enne che si definisce amico di infanzia di Rahami: «A un certo punto ha lasciato gli Stati Uniti per andare in Afghanistan e due anni fa è tornato indietro – rivela -. Anche io vorrei capire meglio, non lo avevo mai visto così». Cosa ha fatto Ahmad in Afghanistan e soprattutto chi abbia incontrato lo diranno le indagini. L’unico dato di fatto è che da due anni il ragazzo era cambiato, era più ombroso e isolato. Il padre non era un estremista, anzi sembra avesse simpatie per formazioni di mujaheddin moderati, anti-sovietici e anti taleban. Eppure per gli inquirenti non ci sono dubbi: è al numero 104 di Elmora Avenue, all’incrocio di Linden Avenue, che è partito l’attentatore alla volta di Chelsea.
Al piano superiore del ristorante del modesto edificio c’è invece l’abitazione della famiglia. «Avevano un contenzioso aperto con la città», racconta il sindaco Chris Bollwage. Secondo alcuni vicini di «First American Fried Chicken», dal locale proveniva spesso un gran frastuono, in particolare durante il fine settimana anche perché rimaneva aperto oltre gli orari consentiti. In un’altra causa la famiglia Rahami è stata condannata a pagare un risarcimento di 1.158 dollari nei confronti di un certo Antonio Barritta. Per il resto però la famiglia sembrava tutta casa e lavoro, nulla poteva far pensare che in quel piccolo edificio si stesse progettando un piano stragista.
Rahami appartiene a una delle tante famiglie di origine straniera che popolano questa parte multietnica del New Jersey. Elizabeth si trova a poca distanza dall’aeroporto internazionale di Newark, e in questa parte dell’East Coast si è proiettato il sogno americano dei Rahami, arrivati sotto la guida di papà Mohammad nel 2000: con lui la madre e i sette figli nati in Afghanistan, tra cui appunto Ahmad. Secondo i registri comunali nel 2003 aprono «First American Fried Chicken», intestandolo a una donna di nome Molly Hamidullah e residente nella vicina città di Union, presso un domicilio dove però non abita più. Il presunto attentatore lavorava alla cassa e quando il padre non c’era era lui a gestire l’intero locale, come riferiscono i vicini che parlano di una famiglia tutto sommato tranquilla a parte qualche scaramuccia per aver tenuto il locale aperto sino a tardi.
Dunque è stato forse il viaggio in Afghanistan che ha spinto Ahmad a fare il salto verso la radicalizzazione e le bombe di sabato, a cui hanno fatto di seguito la fuga disperata durata dieci ore. La sua corsa è terminata a Linden nel corso di uno scontro a fuoco in cui sono rimasti feriti due agenti e lui stesso è stato colpito alla spalla destra. Il colpo di coda dell’ennesimo lupo solitario, ultimo in ordine di tempo a sferrare un attacco all’America, martire mancato di una strage mancata, forse per mancanza di coraggio. O forse solo per un caso.
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